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Nomadland: la recensione del film di Chloé Zhao

Il fallimento di Lehman Brothers è stato forse il simbolo più diretto ed evidente della grande crisi economica innescata dal famigerato scoppio della bolla immobiliare. Senza scendere nei tecnicismi, la crisi ha lasciato strascichi enormi, mettendo gli Stati Uniti in ginocchio e contagiando inevitabilmente il resto del mondo. Fino ad allora, la crisi peggiore che il Paese avesse mai attraversato, era stata quella del ’29, con la Grande Depressione. Questa, come tutte le crisi economiche, si è portata dietro tutte le conseguenze del caso, a livello economico ma anche e soprattutto a livello sociale.

Quando pensiamo agli Stati Uniti, almeno guardandoli da questa parte dell’oceano, pensiamo al grande Paese in cui ogni cosa è possibile ed ogni sogno è realizzabile. Il Paese in cui i nostri antenati sono andati a cercare ricchezza, in molti anche riuscendoci, il grande sogno americano è garanzia di libertà. Ma si tende a non raccontare mai l’altra faccia della medaglia, le storie degli ultimi non sono mai d’appeal, finché qualcuno non decide che debba andare diversamente. E gli ultimi, sono la maggior parte di quell’America. “Nomadland” nasce da quegli Stati Uniti, racconta uno dei più grandi fallimenti della più grande potenza economica mondiale attraverso gli occhi e le storie di decine e decine di persone che girano il Paese in lungo e in largo, senza fissa dimora, sopravvivendo con lavori occasionali. Ricordano le carovane di oakies raccontate da Steinbeck in “Furore”, allora in cerca di fortuna con le arance in California. Qui non c’è nemmeno una vera e propria direzione, qui c’è solo vagare, incontrarsi lungo la strada e condividere la propria storia, supportandosi a vicenda.


Linda May

La faccia triste dell’America

Nomadland – Un racconto d’inchiesta” nasce come libro di Jessica Bruder, il racconto della “faccia triste dell’America”. Bruder smaschera il mito del sogno americano, ormai sempre meno luccicante, attraverso le storie di persone che, anche in età piuttosto avanzata, decidono di girare in un lungo e in largo, con qualsiasi mezzo – dal camper alla Prius – e senza alcuna protezione. In mezzo a questa fuga disperata, però, si trova tutta la potenza dell’umanità, la capacità di resistere e continuare, nonostante tutto, in altri e nuovi modi. Francesc McDormand ha acquistato i diritti del libro per farne un film e dopo aver incontrato la regista Chloé Zhao, ha deciso di lavorare con lei e raccontare la storia degli ultimi sul grande schermo. “Nomadland” è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2020, aggiudicandosi il Leone d’oro come miglior film e, più recentemente, ha vinto tre premi Oscar: miglior film, miglior regista e migliore attrice.

McDormand interpreta Fern, una donna silenziosa e tenace che non ha più niente da perdere. Dopo la morte del marito decide di lasciare Empire, nel Nevada, allontanandosi dalla cittadina fantasma sperduta in mezzo al deserto e attraversare gli Stati Uniti con il suo furgone, ormai diventato la sua casa. Fern scopre presto un mondo fatto di persone che, come lei, hanno perso tutto e a cui non resta che girare il Paese in cerca di situazioni lavorative (e climatiche) più favorevoli. Fern, così come le persone che incontrerà lungo il suo cammino, mostreranno di avere un enorme spirito di adattamento ed anche un altissimo livello di empatia. Dalle vite e nelle storie di queste persone emergono la voglia di lottare e supportarsi, senza invidie e avidità, senza fare troppe previsioni e, soprattutto, senza troppe aspettative.



Chloé Zhao racconta la storia di “Nomadland” accompagnata dalle musiche di Ludovico Einaudi, avvalendosi di un’interprete straordinaria come Frances McDormand e di un cast di attori non professionisti, ovvero i nomadi che interpretano se stessi, come Linda May, Swankie e Bob Wells. Questo restituisce una maggiore intensità ed autenticità ad una storia profonda, in cui la solitudine viene compensata da atti di umanità e generosità e la disperazione trova conforto nella bellezza, quella più grezza e più vera. Zhao non compie nessuna opera di abbellimento, né delle storie, né dei volti o dei luoghi. Tutto è così com’è, nulla risulta essere patinato e la bellezza è dappertutto: nelle inquadrature, nei luoghi più disagiati e abbandonati, nei colori di albe e tramonti mozzafiato, nelle espressioni più contrite e in quelle più rilassate, perfino nella libertà e nel prezzo da pagare per ottenerla. Perché per essere davvero liberi, oggi, è necessario essere estremamente coraggiosi e Fern non ha intenzione di rinunciare alla sua libertà per nessun motivo al mondo. Fern è coraggiosa come la donna che le presta il volto, la Frances che compie scelte mirate, così come ha fatto scegliendo di lavorare con Chloé Zhao: è quella che se ne frega di essere sbrilluccicante alla notte degli Oscar, perché quel che serve è la sostanza, niente chiacchiere, solo agire. Così si vince.

Nomadland è disponibile su Star, all’interno di Disney+.

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Un viaggio intenso - "Nomadland" è un viaggio con e tra gli ultimi, l'America che nessuno racconta mai.

PANORAMICA RECENSIONE

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