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Luca: la recensione del film di Enrico Casarosa

Ci sono Marcello Mastroianni, Federico Fellini, il Pinocchio di Collodi, il Marcovaldo di Italo Calvino, la Vespa dappertutto, Mina e “Viva la pappa col pomodoro”: “Luca” è un’esplosione di omaggi all’Italia e in particolare agli anni Cinquanta e Sessanta ma, ancor prima di questo, è la storia di un ragazzo alla scoperta di se stesso, in un mondo a volte troppo ostile. Il primo lungometraggio di Enrico Casarosa (La luna) è una storia d’amicizia, tenera e a tratti dolorosa, che racconta con estrema delicatezza le difficoltà preadolescenziali: la ricerca della propria identità, il cambiamento e il confronto con gli altri, spesso spietato. L’ambientazione è quella delle Cinque Terre, dove Casarosa è cresciuto, e in particolare la cittadina immaginaria di Portorosso, una commistione di tutti i luoghi caratteristici di una delle zone più belle d’Italia. Luca Paguro è un mostro marino e trascorre le sue giornate all’insegna della noia, portando al “pascolo” dei banchi di pesci, in una routine che si ripete ciclicamente. I genitori, Daniela e Lorenzo, sono molto protettivi nei suoi confronti. I mostri marini sono temuti dagli uomini, che se li vedessero li ucciderebbero, ma Luca è attratto dal mondo in superficie e la sua curiosità cresce giorno dopo giorno. Diventa inarrestabile, però, dopo l’incontro con Alberto, un altro mostro marino suo coetaneo, che con il suo carisma da ribelle lo convince ad andare alla scoperta di ciò che c’è oltre il mare, con un sogno in particolare: quello di girare il mondo in Vespa. Quando i genitori di Luca scoprono le sue fughe in superficie, decidono di prendere una drastica decisione, convinti di farlo per il suo bene: da quel momento, prenderà il via la vera e propria avventura di Luca e Alberto, e inizierà la loro amicizia con Giulia, inguaribile ottimista che, pur sentendosi diversa dagli altri e perennemente fuori luogo, continua imperterrita a sognare la vittoria della Portorosso cup.



Il coraggio di crescere

Enrico Casarosa ha spiegato che il film, ispirato alla sua infanzia, è non solo un omaggio all’amicizia ma anche una metafora del sentirsi diversi. Il risultato è universale: nonostante sia stato – forse un po’ forzatamente – ricollegato a tematiche LGBTQ, il film si adatta a tutti proprio perché racconta un disagio comune, che è anche un passaggio necessario nel corso della vita. A prescindere dall’identità che si andrà a costituire, la fase pre-adolescenziale è fatta di grandi interrogativi e tanti timori, sul futuro e sull’accettazione, soprattutto da parte degli altri. Luca e Alberto rappresentano questo sentirsi diversi attraverso la loro identità di mostri marini ma, come spesso accade, coloro che puntano il dito contro la diversità, sono i veri mostri. In questo caso, la rappresentazione avviene tramite la figura di Ercole Visconti: bullo arrogante e prepotente interpretato sia in originale che in italiano da Saverio Raimondo, seguito da Ciccio e Guido, pronti a soddisfare ogni sua richiesta. Solo il ribaltamento dei ruoli e il coraggio di farlo davvero, permette di far cadere tutte le maschere – e non solo quelle di Luca e Alberto.

Quello di Casarosa, oltre ad essere un lavoro che si ispira parecchio alle opere di Miyazaki, è un omaggio appassionato alla storia italiana in ogni suo ambito: la ricostruzione dei luoghi è incredibile e l’intero film è intriso di nostalgia dal sapore estivo – motivo per cui qualcuno l’ha addirittura paragonato a “Chiamami col tuo nome”. La firma è italiana ma la produzione è americana, ed è forse per questo che a tratti si ha la percezione di cadere immancabilmente negli stereotipi, o quantomeno alcuni. Una scelta che sembra più che altro una questione di target di riferimento, un modo per attirare anche il pubblico straniero, tirandosi dietro qualche inevitabile critica da parte dello spettatore italiano. Quel che stride più di tutto è però la presenza costante della Vespa: la moto è al centro della narrazione perché è l’obiettivo finale dei due protagonisti, il loro sogno di libertà è inevitabilmente legato al mezzo. La ripetizione continua del nome e alcune scene, però, rendono a tratti “Luca” un mega spot – non è da escludere che ci sia un aumento delle vendite (magari un +27% effetto Ferragni). A parte questo, Casarosa racconta la storia di Luca e Alberto con un tocco delicatissimo, mantenendo sempre un certo equilibrio tra dramma e comicità, invitando grandi e piccini a mettere a tacere le proprie paure (o Bruno, che dir si voglia) e non aver paura di distinguersi dagli altri, trasformando quella che gli altri etichettano come una diversità da emarginare, nel proprio punto di forza. Quella di “Luca” è un’estate magica e avventurosa che farebbe venire voglia a chiunque di fare le valigie e partire per la Liguria, mangiando tante appetitose trenette al pesto. Oltre al valore della diversità, dell’amicizia e della famiglia, “Luca” insegna anche a guardare con maggiore consapevolezza alla bellezza che si trova nelle piccole cose, al fascino senza tempo della semplicità.


IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Una tenera storia di amicizia e crescita - Un racconto sull’amicizia, il cambiamento e l’accettazione, intrisa di nostalgia dell’Italia anni Sessanta.

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