Il 5 ottobre 2001, al New York Film Festival, Wes Anderson presentava per la prima volta quello che, a vent’anni di distanza, è considerato uno dei migliori film della sua carriera. “I Tenenbaum” (The Royal Tenenbaums) è il terzo film diretto da Wes Anderson dopo “Un colpo da dilettanti” e “Rushmore” e sicuramente quello che l’ha consacrato al successo.
La trama, ambientata a New York negli anni Settanta, ruota attorno a una famiglia sui generis e particolarmente disfunzionale a capo della quale c’è Royal (Gene Hackman) insieme alla moglie Etheline (Angelica Houston). Lui rappresenta tutto ciò che un padre non dovrebbe essere, mentre Etheline è la mamma presente e premurosa che però non riesce mai a prendere di petto le situazioni. Royal e la moglie sono genitori di tre figli, Chas (Ben Stiller), Richie (Luke Wilson) e la figlia adottiva Margot (Gwyneth Paltrow), tre piccoli geni che compiono grandi imprese fin da piccolissimi. Ma a un certo punto qualcosa si spezza: i bambini prodigio non sono più così prodigiosi e, una volta adulti, sembrano essere tutti sull’orlo del fallimento; i rapporti tra tutti i membri della famiglia si logorano e, tra sentimenti non rivelati, incomprensioni e vecchi rancori, sarà proprio Royal – il personaggio meno affidabile di tutti – ad avere il compito di rimettere le cose a posto.
All’interno di questo bizzarro quadretto familiare, raccontato secondo quello che è ormai l’inconfondibile stile di Anderson, ruotano delle figure secondarie altrettanto particolari. Da Pagoda (Kumar Pallana) all’insopportabile Eli (Owen Wilson), passando per Raleigh (Bill Murray), Henry (Danny Glover) e Dudley (Stephen Lea Sheppard) – ben caratterizzato ed amabile anche solo grazie ad un paio di battute. Alla pari dei personaggi principali, anche questi hanno caratteri ben definiti e contribuiscono, ognuno con il suo stile e in modo più o meno volontario, a ripristinare i rapporti tra i Tenenbaum.
Personaggi intramontabili
A distanza di vent’anni dall’uscita del film, è ancora impossibile non amare ogni singolo personaggio di quest’opera di Wes Anderson. “I Tenenbaum” è un vero e proprio lavoro di psicanalisi, che analizza l’evoluzione e la crescita dei singoli in funzione del loro rapporto con il padre: da Chas, che rifiuta una riconciliazione in modo netto e deve affrontare una grave perdita, passando per Richie, più sensibile e propenso alla reunion familiare, fino ad arrivare a Margot – uno dei personaggi meglio riusciti in assoluto – donna misteriosa e tormentata che non è mai stata accettata veramente dal padre adottivo. Come in ogni film di Wes Anderson che si rispetti, l’attenzione al dettaglio è maniacale e nulla si trova sulla scena per caso; la sceneggiatura, scritta a quattro mani con Owen Wilson, scorre fluida, non scade mai nel dramma e rimane solidamente in piedi anche quando sfocia nel grottesco, senza mai superare la sottile linea che la separa dal ridicolo. “I Tenenbaum”, infatti, è una godibile commedia dai tratti surreali che però offre una chiave di lettura anche più profonda su tematiche di grande importanza, dalla famiglia all’elaborazione del lutto e la depressione, passando per la complessità delle relazioni sentimentali. Il tutto è accompagnato dall’indispensabile voce narrante (Alec Baldwin/Sergio Di Stefano nella versione italiana) che permette di approfondire – tramite flashback veloci ma sempre puntuali – la storia più intima e il punto di vista di ogni singolo personaggio.
La fotografia di Robert Yeoman e le scenografie di David Wasco sono altri due elementi imprescindibili per il successo di questo film nel corso del tempo, tanto da poter essere considerati altri due protagonisti a tutti gli effetti. Dai colori alle inquadrature, ne “I Tenenbaum” ci sono tutti gli elementi visivi che permettono a qualsiasi spettatore di riconoscere un film di Wes Anderson e che, grazie al successo della pellicola, hanno influenzato il cinema degli anni successivi. Altro elemento che contribuisce alla buona riuscita di un film, curatissimo nel dettaglio (come poteva essere altrimenti) anche in questo caso, è la colonna sonora che spazia dai Rolling Stones a Drake, dai Clash a Bob Dylan, Paul Simon e i Ramones, ma soprattutto i Velvet Underground e Nico, con “These days”. Ogni brano è perfettamente ricucito sulla scena e ne caratterizza lo stato umorale. Avvalendosi di un cast straordinario, che funziona alla perfezione, Wes Anderson è riuscito a creare una storia e dei personaggi intramontabili che, ancora oggi, non possono fare a meno di strappare un sorriso e riempire di tenerezza facendoci sentire parte, almeno per quasi due ore, della pazza famiglia dei Tenenbaum.