L’attesa di questa quarta stagione di “Stranger Things” è stata piuttosto lunga, mentre nella serie sono passati solo sei mesi dai fatti narrati nella terza stagione. Il Sottosopra sembra essersi richiuso e, nonostante le perdite e i traumi, la cittadina di Hawkins è pronta a ricominciare. Le vite dei giovani protagonisti sono sottoposte a qualche cambiamento, soprattutto quella di Undici (Millie Bobby Brown), Will (Noah Schnapp), Jonathan (Charlie Heaton) e Joyce (Winona Ryder), che si sono trasferiti in California. I rapporti per il gruppo cambiano inevitabilmente, mentre tutti provano a riprendere in mano la loro vita, tentando di tornare alla normalità nonostante le ferite ancora aperte. Si è formato un nuovo assetto al quale tutti, volenti o nolenti, devono adattarsi ma c’è una nuova minaccia che incombe su Hawkins.
I fratelli Duffer con questa quarta stagione di “Stranger Things” hanno deciso di alzare l’asticella. In attesa di scoprire come finirà questo capitolo (gli ultimi due episodi usciranno il 1° luglio), scopriamo quali sono le tematiche emerse da questi primi sette episodi.
Nuove sfide e nuovi ingressi
I protagonisti sono cresciuti dopo aver affrontato incredibili avventure, la loro maturità corrisponde a quella della rappresentazione stessa voluta dai Duffer Brothers. Le atmosfere di “Stranger Things 4” sono molto più dark e i personaggi ancora più combattuti – ciò corrisponde perfettamente alla loro età anagrafica, al di là degli eventi sci-fi, che si fa più complessa e sfaccettata. I personaggi non sono più bambini e gli spettatori stessi sono cresciuti di pari passo, in tal senso i Duffer hanno mantenuto una certa coerenza, sviluppando la trama in modo da farla “crescere” insieme a loro.
Nonostante il tentativo di mantenere un certo equilibrio tra i momenti più comedy e la parte più avventurosa e a tinte horror, e molto più splatter rispetto al passato, ciò che appare squilibrata è la gestione dei gruppi di protagonisti che si è configurata. In questa stagione le donne, Max (Sadie Sink) su tutte, hanno molto più spazio, così come la trama legata Hawkins ha molto più peso rispetto alle altre sottotrame che vengono sviluppate nel corso degli episodi (che non approfondiamo per evitare spoiler) e che non sempre risultano altrettanto credibili.
La partenza di “Stranger Things 4” è un po’ sottotono, inoltre la volontà di allungare ulteriormente gli episodi (durano all’incirca un’ora ciascuno) ha portato a dilungare alcune sottotrame e la narrazione di alcuni personaggi in maniera un po’ forzata. Tra i personaggi più riusciti di questa stagione c’è senza alcun dubbio Max, che ha un ruolo centrale per la trama, insieme alla new entry Eddie Munson (Joseph Quinn), un personaggio perfettamente riuscito e con il quale si entra subito in empatia, che racchiude in sé alcune delle caratteristiche anni ’80 più care ai Duffer Brothers. Il citazionismo rimane infatti parte integrante dell’identità della serie: l’emblema, in questo caso, è il cameo di Robert Englund (il celeberrimo Freddy Krueger ) perfettamente inserito nella trama, dove non mancano le citazioni dirette a “Nightmare” (e le ispirazioni). E non mancano nemmeno riferimenti, espliciti e non, alle opere di Stephen King. Un ruolo importante, come sempre, lo gioca anche la colonna sonora, sempre temporalmente impeccabile. Nella fattispecie, è parte integrante della trama il brano “Running up that hill” di Kate Bush – già balzato nuovamente in testa alle classifiche – che, oltre ad essere funzionale alla trama, descrive perfettamente il mood del personaggio a cui è associato.
Qualche delusione
Il personaggio più deludente, spiace dirlo, è invece quello di Undici: il potenziale di Millie Bobby Brown qui sembra essere andato sprecato. Un’eroina adolescente, capace di salvare il mondo ma ormai priva dei suoi poteri, che lontana dai suoi amici, in un ambiente a lei poco familiare, si trasforma in una creatura impacciata e vittima di bullismo. È apprezzabile il tentativo di raccontare un personaggio straordinario anche mostrando il suo lato più fragile e la sua normalità da adolescente nel quotidiano (e questo vale per tutti i protagonisti), affrontando tematiche tanto necessarie quanto attuali. Sebbene sia coerente con l’identità del personaggio, il risultato finale penalizza moltissimo Undici, con un range di espressioni facciali particolarmente limitato (speriamo in un grande recupero sul finale). Allo stesso modo, il personaggio di Mike (Finn Wolfhard) sembra non trovare il suo giusto spazio, l’evoluzione della sua relazione con Undici è trattata in maniera piuttosto superficiale, mentre viene accennata un minimo la sua difficoltà nel rapporto con Will. Tra i due, per forza di cose, il rapporto sembra essere cambiato ma la questione viene affrontata in maniera sbrigativa – non sappiamo se verrà ripresa negli ultimi due episodi – e la figura di Will, sempre più silenzioso e in disparte rispetto agli altri, continua a mantenere una certa aura di mistero. L’evoluzione raccontata nella maniera più efficace è forse quella di Lucas (Caleb McLaughlin), che vive un tipico dilemma adolescenziale quando si ritrova a dover scegliere da che parte stare: è ancora un nerd sfigato o deve inseguire il sogno della popolarità a costo di risultare meschino?
Deludente è anche il trattamento riservato a Jonathan (Charlie Heaton), che potrebbe tranquillamente svanire dalla narrazione senza creare scompensi, per la gioia di Nancy (Natalia Dyer). In questa quarta stagione viene introdotto Argyle (Eduardo Franco), che dovrebbe in qualche modo costituire una parte più comica e spensierata, un po’ il Dustin della situazione, finendo però con l’essere troppo caricaturale. Il rischio di scivolare nella caricatura è sempre dietro l’angolo: succede con Undici, con Argyle ma anche con la coppia composta da Joyce (Winona Ryder) e Murray (Brett Gelman). Quest’ultimo acquisisce sempre più spazio e la sua evoluzione è ben riuscita ma d’altra parte è evidente il tentativo dei Duffer Brothers di mantenere una certa coerenza e credibilità all’interno di una trama molto sfaccettata e, forse, nel caso di questa strana accoppiata azzardano fin troppo finendo per ridicolizzare, almeno a tratti, una componente importante nella trama di questa stagione. Lo stesso vale per il personaggio di Igor ed in generale per la rappresentazione della Russia, della quale però avevamo già avuto un assaggio in precedenza.
Al netto dei suoi difetti, questa quarta stagione di “Stranger Things” è piacevole e continua ad essere coinvolgente, mantenendo un alto livello qualitativo. Rimane la curiosità di scoprire quale finale sia stato riservato ai protagonisti e alla cittadina di Hawkins che, com’è già stato annunciato, avranno sicuramente qualche altro guaio da risolvere… nella quinta stagione.