Domani, 23 luglio, sarà passato un anno esatto dalla triste mattina in cui i fan di Amy Winehouse hanno ricevuto l’infelice notizia della sua morte. Ancora non sono del tutto chiare le ragioni che hanno causato il decesso di quella che viene considerata l’ultima regina del soul. A chi ha parlato di un’overdose, il padre della cantante, Mitch Winehouse ha risposto che la cosa è praticamente impossibile: pare, infatti, che Amy avesse chiuso con l’eroina da 3 anni ormai, anche se a questa dipendenza si era presto sostituita quella dall’alcool.
E proprio Mitch Winehouse oggi, a distanza di un anno, torna a parlare dell’angoscia che lo ha accompagnato negli ultimi mesi di vita di sua figlia. Dopo aver raccontato in un libro, uscito un mese fa, il suo punto di vista su tutta questa faccenda, il signor Winehouse prova ad aprirsi e a raccontare la paura che piano piano rafforzava la consapevolezza che la fine era vicina.
Ogni notte andavo a letto con il telefono accanto a me. Non riuscivo a dormire con mia moglie, Jane, e pensavo tra me e me: “questa è la notte – lei sta per morire stanotte”. Il telefono avrebbe suonato, io avrei risposto e Amy avrebbe detto “papà, quando vieni qui domani…” e io “Amy, ma sono le tre di notte!”. Oppure mi avrebbero chiamato le guardie del corpo e mi avrebbero detto: “C’è un problema!” e io – bang! – mi sarei messo in macchina, sarei corso e in un lampo sarei stato lì.
Insomma, Mitch Winehouse ha vissuto un vero incubo. Basti pensare che le preoccupazioni per Amy erano tali e tante che l’uomo ha dichiarato che non è riuscito ad apprezzare il talento di sua figlia fino a dopo la sua morte.
Ho sempre saputo che era una brava cantante, ma io ero così occupato a correrle dietro per tirarla fuori dai guai, che non mi sono accorto di che incredibile genio lei fosse. Non ho capito perché ero troppo vicino a lei: ci è voluta la sua morte per farmi vedere le cose chiaramente.