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Buffon sfogo su Facebook, “basta parlare del biscotto”

Questo Europeo 2012 verrà ricordato come il primo “senza barriere”, perlomeno dal punto di vista comunicativo. Senza filtri, nè intermediazioni, rendendo i calciatori protagonisti, oltre che in campo, con le parole, esprimendo il proprio punto di vista con sincerità e schiettezza, come in uno sfogo rivolto agli “amici”, seppur virtuali.

E’ una veste nuova, cui ci stiamo abituando con piacevole sorpresa, in particolare da parte dei calciatori Azzurri che, soprattutto nel momento della difficoltà, percependo il rischio di una nuova delusione da parte del popolo italiano nei loro confronti, avvertono la necessità di esprimere in libertà i loro pensieri, andando al di là delle opinioni mostrate nelle conferenze stampa o nelle interviste in cui la situazione “formale” li ingessa in un ruolo meno spontaneo e sincero.

I social network superano le barriere, come spesso si dice, ed è realmente così, in particolare per Gigi Buffon, capitano Azzurro e senatore dello spogliatoio di mister Prandelli, che, dall’inizio della spedizione polacca, aggiorna continuamente la sua pagina Facebook con i suoi pensieri, a mò di “flusso di coscienza” in stile James Joyce (perdonerete il paragone probabilmente azzardato, ndr).

L’ultima occasione, in ordine cronologico, è stato lo sfogo suscitato dall’argomento “sportivo” di maggiore attualità,  il famigerato “Biscotto” spagnolo-croato. Da uomo di sport, ma soprattutto da uomo intelligente, capace di una profonda riflessione, senza retorica nè banalità, Gigi Buffon ha affrontato di petto la questione, senza paura, come nelle sue uscite sicure a bloccare gli assalti degli attaccanti avversari, concedendosi tanto di latinismo “sic transit gloria mundi“, probabilmente proprio per elevare il tono della sua analisi.

Si giunge ben presto al punto chiave del suo pensiero, espresso con grande onestà intellettuale. Il problema biscotto è solo un paravento offensivo nei confronti degli avversari, e dei loro valori sportivi, è un modo per portare avanti la cultura del sospetto che da sempre ci accompagna, che ci rende incapaci di assumerci le nostre colpe e le nostre responsabilità, che ci rende “piccoli” di fronte ai problemi, ignavi ed incapaci di rimboccarci le maniche per affrontarli, che ci frena di fronte alla necessità di sentirci unici e soli padroni del nostro destino, senza alibi nè scusanti, senza recriminazioni arbitrali, senza appellarsi a questioni extracalcistiche “di disturbo”.

Gigi Buffon | © ANNE-CHRISTINE POUJOULAT/AFP/GettyImages

Questioni calcistiche, ma non solo, il respiro della riflessione è ben più ampio: Gigi Buffon accenna in maniera esplicita alla carente cultura del merito italiana, alla difficoltà del nostro Paese di valorizzare chi può dare un contributo, preferendo affidarsi alle scelte di comodo, ritenendo che i successi sono spesso frutto del caso e della fortuna e non del duro lavoro: un modo per sminuire l’impegno altrui, che impedisce di accettare le sconfitte con sportività, di riconoscere – anche quando è evidente – la superiorità dell’avversario stringendogli la mano per complimentarsi con lui, perchè “sarebbe uno smacco troppo grande per il nostro ego”.

Piuttosto che elevare la nostra cultura (sportiva e non solo) troppo spesso si preferisce rifugiarsi nella miope curiosità morbosa, nel gossip più basso, come quello relativo alla questione omosessuali in Nazionale, divenuto – come sottolinea lo stesso Buffon – “l’unico interesse del Paese“.

La chiosa del portierone è amara, quasi rassegnata, espressione di chi sa che in Italia tali distorsioni sono troppo radicate: “vabbè… come se questi pensieri servissero a qualcosa”, anche se, in fondo, un moto d’orgoglio lo spinge a mostrare il suo obiettivo che, crediamo, sia rappresentativo di tutto lo spogliatoio, o almeno di gran parte. “Pensiamo a noi e cerchiamo di vincere, il resto è aria fritta, discorsi da bar, congetture da mediocri, argomentazioni da perdenti”: parole da leggere con attenzione e stima nei confronti del loro autore, che meritano di esser sottolineate soprattutto per la loro rarità e per il loro coraggio di distaccarsi da ogni ipocrisia.

Se bastassero le parole, Gigi avrebbe già vinto questo Europeo: bisognerà tradurre in campo questi intenti positivi e dimostrare, con il sudore e l’impegno, l’importanza di onorare la maglia Azzurra, dando un esempio positivo ad un Paese che ne ha davvero tanto bisogno.

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