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Dopo quattro mesi l’esilio è finito: dal dieci agosto al nove dicembre, quando a Palermo Antonio Conte tornerà a sedersi sulla sua panchina, per guidare la squadra dal campo, per soffrire con i giocatori, per motivarli a suo modo e terminare la gara con un filo di voce. Tutto questo gli è mancato terribilmente, al punto che – come lo stesso Conte ha dichiarato – sua moglie gli ha costruito una panchina in salotto, dove sedersi a guardare la Tv, giusto per non perdere l’abitudine. Dopo lungo peregrinare per le tribune d’Italia e d’Europa, dopo gare vissute dietro ai vetri schermati di un box che assumeva le sembianze di una gabbia per il leone, finalmente potrà ricalcare il manto erboso e compiere i suoi rituali gesti scaramantici pre-partita in campo.

Sono stati mesi di grande sofferenza per lui, nonostante l’andamento della squadra potesse consentirgli di dormire sonni abbastanza tranquilli e di affidarsi ai suoi collaboratori, Carrera prima ed Alessio poi. La sua Juventus lo riabbraccia da prima in classifica in campionato e da qualificata agli ottavi di Champions League da prima nel proprio girone, battendo e scavalcando proprio l’ostico Shakhtar Donetsk. La vittoria e la qualificazione sono stati “un regalo per Conte, perchè Antonio ha sofferto tanto lontano dalla squadra” come ha sottolineato Beppe Marotta nel post-partita di ieri sera: un presente gradito e non solo perchè Natale si avvicina, ma perchè consente al mister di esordire in panchina in Europa dalla porta principale, negli ottavi di finale della principale competizione.

La soddisfazione per il risultato raggiunto non deve, però, far dimenticare questi lunghi mesi di esilio forzato, che hanno solleticato una curiosità a tratti morbosa nei confronti di Antonio Conte, cercando di scrutarlo con ogni mezzo possibile per interpretarne i gesti e le reazioni durante le gare in tribuna. Più composte e misurate nella gare iniziali di campionato, più accese nelle ultime partite in cui la posta in gioco inizia a essere importante e pesante, proprio come nella decisiva gara di ieri sera contro lo Shakhtar quando mister Conte è stato, suo malgrado, protagonista di un siparietto curioso: nelle fasi centrali del match, quando il risultato era ancora bloccato sul pareggio, alcuni tifosi dello Shakthar, nell’intento di distrarlo dalla gara, si sono avvicinati alla sua postazione in tribuna ed hanno iniziato a sventolare le loro bandiere proprio davanti al vetro del box, infastidendo il mister che ha chiesto l’intervento di Fabio Paratici, presente come sempre al suo fianco, perchè avvertisse il servizio d’ordine e facesse allontanare i disturbatori ucraini. Il tutto si è risolto in pochi minuti, ma l’episodio – agli occhi di Conte – avrà assunto le sembianze dell’ultimo boccone amaro da digerire prima di potersi riappropriare della sua normalità, della routine che caratterizza il ruolo di ogni tecnico.

Conte, fine dell'esilio e Paratici può rilassarsi
Conte, fine dell’esilio e Paratici può rilassarsi | © Claudio Villa/Getty Images

Ma, oltre a mister Conte, da domenica prossima il ritorno alla normalità caratterizzerà anche Fabio Paratici, il fedele direttore sportivo che ha accompagnato il mister bianconero in ogni tribuna, sempre al suo fianco. Ha avuto il difficile ruolo del “parafulmine”, accompagnando e supportando il mister durante i novanta minuti, vivendo in prima persona le sue reazioni impulsive ed i suoi sfoghi, cercando di trasmetterli telefonicamente – nonostante il divieto – ad un “intermediario” seduto in panchina affinchè giungessero al vice-allenatore di turno, adattando il suo ruolo di direttore sportivo alle esigenze ed alle circostanze. Anche per lui la fine dell’esilio di Conte sarà motivo di grande gioia perchè significherà tornare al proprio ruolo “tradizionale”, in attesa della bolletta telefonica di questi quattro mesi.

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