La notizia che tutti non volevamo leggere o sentire, da quella maledetta domenica 5 ottobre 2014, è arrivata nella mattinata italiana: il 25enne, avrebbe compiuto 26 anni il 3 agosto, pilota francese Jules Bianchi non ce l’ha fatta e si è spento dopo il lungo coma in seguito all’incidente nel Gran Premio del Giappone a Suzuka.
L’annuncio della morte è arrivato tramite un comunicato, a nome della famiglia, apparso sulla pagina Facebook Jules Bianchi Official. Nelle poche parole del post, i familiari del pilota hanno comunicato con grande dolore che “Jules ha combattuto fino all’ultimo, come ha sempre fatto, ma oggi la sua battaglia è giunta al termine”. Nello stesso comunicato, la famiglia ha voluto ringraziare i medici dell’ospedale di Nizza, nel quale Bianchi era stato trasportato a metà novembre scorso, ma anche i medici del centro medico della prefettura di Mie, in Giappone, che avevano effettuato le prime cure, subito dopo l’incidente avuto in pista. Il messaggio si conclude con i ringraziamenti della famiglia a tutti i fans ed i colleghi che sono stati vicini a Jules in questi lunghi mesi, ma anche con la richiesta di rispettare il loro dolore in questo momento difficile.
La notizia ha sconvolto il mondo della Formula Uno e del Motorsport e su Twitter sono arrivati subito messaggi di cordoglio di colleghi, da Button a Vettel, da Grosjean a Ricciardo, rivali in pista ma oggi tutti uniti nel dolore e nel ricordo di un 25enne morto, in un modo così tragico e beffardo, per portare avanti la propria passione e il proprio amore per le corse.
Questa morte deve però far riflettere una Formula Uno che torna a piangere dopo la scomparsa di Ayrton Senna del 1994. Quello che è accaduto quel giorno a Suzuka, anche se la commissione ha dato principalmente la colpa al pilota, deve far assolutamente ripensare a tutti i criteri sulla sicurezza.
Ma cosa accadde quel giorno in Giappone? Ricordiamolo anche per chi non ha visto quella tragica gara.
Suzuka è colpita da un tifone violento, la partenza viene ritardata, poi il via avviene dietro la Safety Car. La corsa procede sempre sotto la pioggia con la visibilità che si fa sempre più scarsa e complicata, poi al giro 42 Sutil esce in testacoda alla curva Dunlop e si appoggia alle barriere. I commissari intervengono subito, sembra un classico e semplice intervento di rimozione con l’aiuto di una gru. Si vedono subito le doppie bandiere gialle ma poco dopo si nota una strana tensione sul luogo dei soccorsi ma non intorno alla macchina di Sutil. Cosa sia accaduto non è chiaro, la gara viene fermata con bandiera rossa, si capisce che è successo qualcosa di grave, si pensa possa trattarsi di un qualche problema ad un commissario ed invece la immagini che giungono poco dopo danno una drammatica versione dei fatti: Jules Bianchi con la sua Marussia, perde il controllo della propria auto e va, ad altissima velocità, ad infilarsi sotto la gru andando ad impattare violentemente con il casco contro il mezzo di soccorso.
Da quel momento Jules entrerà in coma e non si riprenderà più sino alla scomparsa di questa notte.
Prima di concludere però vogliamo ricordare chi era Jules Bianchi.
Nato nel 1989 a Nizza Bianchi si mette subito in luce con buoni risultati prima sui Kart e poi nelle categorie inferiori, tanto da entrare nella Ferrari Driver Academy e divenire pilota di riserva del Cavallino Rampante. L’esordio in Formula Uno arriva nel marzo del 2013 con la Marussia. Il vero e proprio capolavoro lo compie nel Gran Premio di Monaco del 2014 quando conquista i primi storici punti per la Marussia giungendo nono, in realtà sarebbe arrivato ottavo ma una penalità da 5 secondi lo farà scalare al 9° posto.
La tragedia di Suzuka ci ha così privato, non solo di un giovane ragazzo pieno di voglia di vivere, ma anche di un grandissimo pilota che molto probabilmente nel suo futuro avrebbe potuto salire nell’olimpo dei campioni di questo sport.