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Kobe Bryant si ritira: l’annuncio ufficiale.

Kobe Bryant si ritira a fine anno. E’ ufficiale.
Bastano quelle poche parole sopra per far venire la tristezza a molti, sia fan che haters, sia estimatori che detrattori di quello che senza ombra di dubbio è stato il miglior giocatore di basket del primo decennio degli anni 2000, nonchè uno dei migliori giocatori della storia della NBA.

The Black Mamba il suo ritiro lo annuncia nello stile che da qualche anno accompagna ogni decisione della NBA, con una lettera dal titolo “Dear Basketball” su The Player Tribune, in uno stile simile a quella di LeBron James quando decise di tornare a giocare con i Cleveland Cavaliers, ma probabilmente più toccante. Nel dire tra le altre cose “Questa stagione è tutto quello che mi resta. Il mio cuore può sopportare la battaglia la mia mente può gestire la fatica ma il mio corpo sa che è ora di dire addio“,  il trentasettenne giocatore dei Los Angeles Lakers decide così di dire a tutti che ormai fisicamente è al limite, che non può reggere più i ritmi che richiede il basket professionistico della NBA.

Kobe Bryant, un campione nei numeri

Se ne andrà dopo due stagioni in cui gli infortuni si sono fatti sentire ed hanno avuto la meglio, con solo 41 partite giocate (quando nella NBA in una sola stagione sono ben 82), ma andrà via anche lasciando tanto ai posteri. Porterà con se, dopo 20 stagioni con i Los Angeles Lakers, 5 anelli di campione NBA, in cui 2 volte è stato eletto anche MVP delle Finals, 2 titoli di miglior realizzatore della lega, caratteristica quella dei punti fatti che lo posiziona anche al terzo posto di tutti i tempi, dietro altre due leggende come Kareem Abdul Jabbar e Karl Malone, dove finirà con probabilmente oltre 33.000 punti realizzati. Porterà con se anche un titolo di MVP della Regular Season, periodo in cui per 11 volte è stato inserito nel quintetto dei miglior giocatori e 9 volte nel quintetto dei miglior difensori del campionato. Porterà con se, infine, oltre a 2 Ori Olimpici, ben 17 convocazioni all’All Star Game (senza escludere una possibile diciottesima, se non altro come tributo), manifestazione in cui per 4 volte ha vinto anche il titolo di MVP, una delle quali a pari merito con l’amico-nemico Shaquille O’Neal, ed una volta lo Slam Dun Contest.

I Record Individuali

Kobe Bryant lascerà la pallacanestro con molti record imbattuti, innanzitutto dettati dalla giovane età in cui ha iniziato a giocare nel basket professionistico. E’ stato il più giovane giocatore dell’All Star Game,  ad essere stato scelto nel NBA All-Defensive Team, ad avere vinto lo Slam Dunk Contest e a realizzare punti per stacco di 1.000 da 26.000 a 32.000.
Suoi molti record all’All Star Game, nei quali è il miglior realizzatore sia come punti totali (280) che come canestri totali realizzati (115), è colui che ha recuperato più palloni (37) insieme nientemeno che a Michael Jordan, più tiri da 3 punti segnati totali (17,), ed infine è colui che ha preso il maggior numero di rimbalzi offensivi (10).
Quando Kobe Bryant smetterà di calcare i parquet avrà, Stephen Curry permettendo, il record di maggior tiri da 3 segnati in una partita (12) e sarà il solo oltre Wilt Chamberlain ad aver segnato 50 o più punti in 4 gare consecutive, oltre ad essere l’unico cestita nella storia NBA sia a segnare almeno 600 punti nella postseason per tre anni consecutivi, sia ad aver segnato oltre 30.000 punti e distribuito oltre 6.000 assist in carriera.

Insomma già a questo punto le statistiche Kobe Bryant su NBA.com basterebbero a dire quasi tutto sulla stella dell’NBA, ma tante altre possono mostrare il suo valore in termini di numeri, come gli 81 punti realizzati in una partita, seconda prestazione di tutti i tempi, o come tutti gli altri record di franchigia da lui detenuti, quali il maggior numero di punti realizzati in carriera, nei playoff ed in una singola stagione. Ma soffermarsi solo sui numeri di Kobe sarebbe troppo riduttivo, è stato tanto altro.

 

Kobe Bryant si ritira: Un campione oltre i numeri

Il vero valore di Bryant si è visto in molte cose,  nella sua etica lavorativa ad esempio, sempre pronto a migliorarsi e a lavorare sodo, definito dal Commissioner NBA Adam Silver come “Uno dei più grandi giocatori della storia del gioco“, e sempre secondo le sue parole “Che stesse giocando le Finals o provando un tiro dopo mezzanotte in una palestra vuota, Kobe ha un amore incondizionato per questo sport“.

Che Kobe fosse un predestinato probabilmente era scritto, figlio d’arte, di quel Joe Bryant che molti ricorderanno in Italia nelle file della Pallacanestro Reggiana, o chi come me ricorderà la sua presenza ed i suoi 69 punti quando militava in serie A2 nella Viola Reggio Calabria, ma che già nella NBA giocò degnamente, muove i suoi primi passi nel basket nella nostra penisola, prima di tornare negli USA. Negli States fin dalle High School dice la sua, vincendo il titolo statale quando militava nella Lower Merion High School, team dove tra l’altro batte il record di punti nel quadriennio liceale per la zona di Philadelphia detenuto dal non per niente sconosciuto Wilt Chamberlain.

Salta totalmente il college e sentendosi pronto per il mondo dei professionisti, a 18 anni nel 1996, si dichiara eleggibile per il Draft NBA, uno di quelli con più talenti nella storia, al pari di quelo del 1984 (l’anno di Michael Jordan) e del 2003 (l’anno di LeBron James), venendo scelto dagli Charlotte Hornets come tredicesima scelta assoluta al primo giro, ma Kobe ha le idee ben chiare, vuole giocare con i Lakers, motivo per cui viene chiamato non tra i primi dieci da altri team (su tutti i New Jersey Nets), e viene subito ceduto dagli Hornets in cambio di Vlade Divac, nella stagione in cui arriva alla corte dei lagunari anche Shaquille O’Neal. Già trovarsi in mezzo a talenti del calibro di Allen Iverson, Steve Nash, Ray Allen, e Predrag Stojakovic è di per se una vittoria.

kobe Bryant si ritira ufficialmente a fine stagione | ph. Facebook official
kobe Bryant si ritira ufficialmente a fine stagione | ph. Facebook official

L’anno da rookie è abbastanza tranquillo, gioca come riserva di Eddie Jones e di Nick Van Exel, in compenso si aggiudica lo Slam Dunk Contest dell’All-Star Game, riuscendo a mettersi in luce per le doti atletiche, anche se sul piano caratteriale mostra tutta l’immaturità quando nei playoff, in gara 5 contro gli Utah Jazz sbaglia con tiri corti per ben tre volte i possessivi decisivi, condannando così alla sconfitta i Lakers. Il successivo anno le cose migliorano tantissimo, riceve grazie ai voti dei tifosi la sua prima convocazione nel quintetto base all’All Star Game, inoltre compete per il titolo di sesto uomo dell’anno, arrivando secondo dietro il veterano Danny Manning. Mentre nel suo terzo anno diventerà finalmente titolare dei Los Angeles Lakers, conquistando un posto che non lascerà fino a fine carriera.

Il primo salto di qualità lo fa con l’arrivo di Phil Jackson alla guida dei Lakers, con il plurivincitore di titoli NBA (ben 6 con i Lakers di Michale Jordan, due three peat) ed il suo triangolo i Lakers di Shaq e del Black Mamba vincono tre titoli consecutivi dal 2000 al 2002. Kobe dimostra di essere ormai maturo, completo ed oltremodo forte, ma la scena è di Shaquille che è il dominatore assoluto della lega. Negli anni successivi il rapporto tra Shaquille O’Neal e Kobe Bryant si logora sempre di più, fino ad arrivare ad una completa rottura, con la cessione del centro ai Miami Heat inoltre anche Phil Jackson abbandona la squadra, così per qualche anno tutto è nelle mani di Kobe, almeno fino al ritorno di Phil come Head Coach dei lagunari.

Prima di tornare alla vittoria Kobe ha dovuto ripulire la sua immagine, ha dovuto superare una accusa di presunto stupro, l’accusa di violenza sessuale gli fece perdere diversi contratti, fra tutti quello con la Adidas, in favore poi della Nike (chi ci ha guadagnato poi è da vedere no?). Il nostro eroe ha vissuto anni bui, sia nella vita privata che sul campo, fino al punto in cui il suo numero 8 divenne l’attuale 24, e li fu la rinascita.

Bryant ormai leader incontastrato dei Lakers si permette di fare la voce grossa con la dirigenza, chiede garanzie, ottenendo come compagno Pau Gasol nel 2006, seppur dovrà attendere ancora tre anni per vedere nuovamente il titolo e l’anello NBA. Nel 2008 vince il titolo di MVP, il miglior giocatore della lega, ma il suo sogno si infrange alle finali con i Boston Celtics, in quella rivalità che non si vedeva dai tempi di Magic Johnson e Larry Bird, è il successivo anno che invece incoronerà ancora una volta il Black Mamba, questa volta anche con il primo dei due titoli consecutivi di MVP delle Finals, oltre che dei due titoli consecutivi della sua nuova era.

I Los Angeles Lakers dopo di allora non avranno più possibilità di vincere alcun titolo, anche perchè escono fuori i sempre forti San Antonio Spurs, i Dallas Mavericks e soprattutto i Miami Heat di James, Wade e Bosh, ma in ogni caso Bryant non smetterà di essere tra i migliori giocatori della lega, mostrando sempre il meglio di se, tirando fuori ottime prestazioni e dimostrando di essere un campione al di la delle vittorie e della squadra.

Gli ultimi anni a causa degli infortuni, dell’età e della fisicità richiesta in NBA sono stati una fase calante per lui, e negli ultimi giorni si vedono prestazioni anche penose, prove che sarebbe meglio non vedere, ma tutto, e ancor di più dopo la lettera di ieri, diviene ora un tributo a Kobe Bryant, l’ultima occasione per vederlo e l’anno in cui The Black Mamba appese le scarpe al chiodo.

Lui chiude con un “Ti amerò per sempre, Kobe“, noi chiudiamo con un grazie di tutto Kobe, grazie per averci fatto gioire, incazzare, sognare, amare, odiare, ma soprattutto grazie per aver reso questo sport ancora più grande.

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