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Addio Muhammad Ali, s’è spenta la leggenda della boxe

“Vola come una farfalla, pungi come un’ape”.

Questa è probabilmente una delle frasi più conosciute di Mohammad Ali, vera e propria leggenda della Boxe che nella notte scorsa ha dovuto arrendersi ad un avversario, il Parkinson, con il quale ha combattuto per parecchi anni nella propria vita.

Ali si è spento nella notte scorsa, all’età di 74 anni, dopo esser stato ricoverato per complicazioni respiratorie aggravate proprio dal morbo di Parkinson.

Cassius Clay, questo era il suo vero nome prima della conversione alla religione musulmana, era nato il 17 gennaio 1942 nella città di Louisville in Kentucky. Iniziò a praticare la boxe da giovanissimo raggiungendo il suo apice, da dilettante, conquistando la medaglia d’oro olimpica a Roma 1960.

Passato professionista Muhammad Ali conquistò il titolo dei pesi massimi nel 1964, da sfavorito, contro il campione in carica di allora Sonny Liston.

Negli anni a seguire Ali si convertì all’Islam e continuò nella sua striscia di vittorie.

Nel 1971 salì alle cronache per il suo rifiuto di combattere nella guerra del Vietnam, scelta che gli costò il ritiro della licenza. Ritornato sul ring cercò di riprendersi il titolo dei massimi che era in mano a Joe Frazier, ma fallì subendo la sua prima sconfitta.

In seguito Muhammad Ali ebbe modo di rifarsi e si giunse allo storico incontro con George Foreman disputato a Kinshasa nello Zaire, denominato “The Rumble in the Jungle”, per dimostrare chi fosse il più forte in assoluto. Alì ottenne la vittoria con una tattica mai vista, incassò per alcune riprese e poi sfruttando la stanchezza dell’avversario infilò una serie di colpi che non lasciò scampo all’avversario. Un incontro che ha definitivamente lanciato Muhammad Ali nella leggenda.

Ritiratosi nel 1981 ad Ali fu diagnosticato il morbo di Parkinson nel 1984, commovente la sua apparizione come ultimo tedoforo nell’apertura dei Giochi Olimpici di Atlanta 1996: un uomo visibilmente segnato dal Parkinson, si notava dal tremolio della mano sinistra, che però con forza ed orgoglio stringeva nella mano destra la fiaccola con la quale accese il braciere.

Le sue apparizioni pubbliche da quel giorno si fecero sempre più rare, l’ultima ad aprile scorso mostrava un Muhammad Ali indebolito e con gli occhiali scuri, un’immagine che non dava sicurezze ma che anzi portava alla mente quei timori di perderlo, concretizzatisi poi nella notte del 3 giugno a Phoenix.

Concludiamo questo ricordo e saluto della leggenda Muhammad Ali riportanto le sue parole pronunciate dopo il famoso match con Foreman “The Rumble in the Jungle”.

L’ho detto a tutti quelli che mi criticano che sono il più grande di tutti i tempi. Non datemi perdente fino a che non ho 50 anni.

 

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