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Abete, lotta al razzismo è priorità: “No al Fai da te”

Dopo le polemiche seguite ai cori razzisti durante l’amichevole disputata a Busto Arsizio lo scorso 3 Gennaio tra Pro Patria e Milan, con conseguente reazione di Boateng e di interruzione dell’incontro, e l’episodio di presunto insulto razzista  rivolto in campo a Fabiano Pereira, calciatore del Casale Monferrato, nel match del torneo Berretti contro la Pro Patria, interviene sulla questione il presidente della Figc Giancarlo Abete. Il numero uno della Federcalcio affronta in primis il tema dell’interruzione dei match a causa di episodi del genere, con i due recentissimi precedenti di Pro Patria-Milan e di Casale Monferrato-Pro Patria: Abete, in tal senso, si dichiara contrario al “fai da te”, ossia alle decisioni di interruzione dei match che non provengano dal responsabile dell’ordine pubblico, bensì dai calciatori in campo o dai dirigenti delle squadre perchè, altrimenti, “con 700 mila partite sarebbe il caos”.

Nello specifico, poi, Abete affronta i due casi di “interruzione per razzismo” al fine di delineare un quadro più chiaro in merito alle responsabilità dei soggetti coinvolti nella decisione di interrompere la gara. A proposito dell’episodio di Pro Patria-Milan, Abete sottolinea che, nel caso di Boateng, “è stato comprensibile il suo gesto” ma che è necessario ricordare l’esistenza di una norma, una circolare ministeriale non una regola sportiva, che regolamenta la titolarità dell’interruzione che spetta al responsabile dell’ordine pubblico e che, nel caso dell’interruzione definitiva, “non esiste un’autonomia decisionale da parte dell’arbitro perchè ci deve essere la condivisione da parte di tutti i soggetti che hanno la responsabilità della sicurezza di tutto lo stadio” così come precisato anche nel corso dell’incontro con il Capo della Polizia Antonio Manganelli.

Abete lotta razzismo priorità | © Claudio Villa/Getty Images
Abete lotta razzismo priorità | © Claudio Villa/Getty Images

Dopo il suo no al “fai da te”, il presidente Abete affronta in senso più ampio la problematica razzismo, che parte dalla società civile e si diffonde nel mondo del calcio, dove sembra trovare terreno molto fertile: le soluzioni per contrastare il fenomeno non possono prescindere da due aspetti essenziali, ossia le sanzioni “per quelli che usano comportamenti di discriminazione” e l’attività formativa, finalizzata a parlare della problematica che non riguarda soltanto l’Italia ma, più in generale la società europea e mondiale, e soprattutto ad intervenire alla radice del problema al fine di “intercettare il problema alla base”. Quest’attenzione alla risoluzione del problema con azioni “a monte” piuttosto che a valle rientra, sempre secondo il presidente Abete, nell’ambito del tentativo di recupero dei valori, “è il nostro obiettivo per il 2013 ed eliminare i fenomeni di razzismo è una priorità”.

Infine, esulando dal tema-razzismo, le parole di Abete connesse al sistema calcio italiano individuano come punto di riferimento la Germania, traendo spunto dal fatto che Guardiola abbia deciso di “sposare la causa” del Bayern Monaco, una squadra con una grande storia ma anche con una grande politica sportiva, così come la Bundesliga, modello di riferimento “per la qualità dell’ ospitalità negli stadi, per la competitività e per l’equilibrio economico – finanziario”. Pertanto, la Germania può essere considerata l’unico modello nel panorama europeo, perchè Inghilterra e Spagna hanno diversi problemi, e dunque “noi dobbiamo andare proprio in quella direzione”.

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