Lo sport italiano perde oggi un uomo simbolo della sua eccellenza, capace di vincere l’oro Olimpico a Mosca 1980 e di detenere per ben 17 anni il record del mondo nei duecento metri: Pietro Mennea è stato l’immagine della velocità in pista e, purtroppo, ci ha lasciato troppo presto, a soli sessant’anni a causa di un male incurabile con cui ha lottato a lungo e che oggi lo ha portato via, in una clinica di Roma dov’era ricoverato. Lo sport italiano e l’Italia in generale potranno rendergli omaggio questo pomeriggio, nella camera ardente nella sede del Coni a Roma predisposta per volontà del presidente Giovanni Malagò, per ricordare con tutti gli onori colui che ha rappresentato con grandissimo valore lo sport italiano ed i suoi valori. Chi lo ha conosciuto bene, Livio Berruti, medaglia d’oro nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma 1960, lo definisce oggi un “ascetico”, un uomo dedito al sacrificio ed alla resistenza, che non si faceva piegare o spaventare dalla fatica e faceva della tenacia la propria bandiera con grande voglia di mettersi in luce, vedendo l’atletica come un lavoro e non soltanto come un divertimento, facendo prevalere in tutto e per tutto un grande senso pragmatico.
Caratteristiche che, indubbiamente, sono servite a Pietro Mennea per arrivare lontano, partendo da Barletta, in Puglia, per conquistare il mondo con la casacca della Nazionale azzurra di atletica: il debutto olimpico nell’edizione di Monaco di Baviera del 1974 ed il primo bronzo nei 200 metri, poi l’argento agli Europei di Roma nei 100 metri e l’oro nella sua specialità dei 200 metri, ed ancora a Praga negli Europei del 1978 centra l’oro nell’ accoppiata 100-200 metri, fino ad arrivare alle Universiadi del 1979 di Città del Messico dove la storia gli spalanca le porte conquistando i 200 metri in 19” e 72, il record che resisterà per ben 17 anni, battuto poi da Michael Johnson nel 1996 ad Atlanta. Nel 1980, poi, la definitiva consacrazione con la vittoria Olimpica a Mosca e con il bronzo nella 4×400. Il suo medagliere personale si arricchisce ancora ai mondiali di Hesinki del 1982 dove conquista un bronzo nei 200 metri ed un argento nella 4×100, ed un oro ai Giochi del Mediterraneo. Infine, nonostante le successive edizioni olimpiche non gli portarono ulteriori successi, la sua gloriosa carriera si completò con il prestigioso riconoscimento di portabandiere azzurro ai giochi di Seoul del 1988.
Dopo il suo ritiro dalle competizioni, però, Pietro Mennea ha saputo reinventarsi e ha dedicato la sua esperienza allo sport ed alla cultura, divenendo dirigente della Salernitana Calcio negli anni dal 1998 al 1999 e poi conseguendo le lauree in scienze politiche, in giurisprudenza, scienza dell’educazione motoria e lettere, divenendo anche docente all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, e dedicandosi anche alla carriera politica, divenendo parlamentare europeo dal 1999 al 2004.
Un uomo poliedrico, dunque, “verticale e tutto d’un pezzo, grande, grande, grande” – come lo ha definito con grande commozione il suo amico e giornalista Gianni Minà – che mancherà all’intero mondo sportivo italiano che, secondo alcuni, non lo ha mai onorificato a sufficienza nonostante fosse stato il più grande velocista italiano di tutti i tempi. Addio Pietro Mennea, addio alla “Freccia del Sud”.