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Alex Schwazer, il dramma della fragilità

Il doping è antisportività, è slealtà con gli altri e con se stessi, è la morte dei valori sani, ma può essere in alcuni casi anche il baratro profondo di chi si sente fragile e impreparato ad affrontare le pressioni e le aspettative, di chi è forte nel fisico e nelle prestazioni atletiche ma è troppo debole mentalmente per reggere il gap tra i propri muscoli e la propria razionalità e, in un grido soffocato dalla paura di ammetterlo a sè stesso, ricorre alle scorciatoie più dannose, senza pensare alle conseguenze ancor più devastanti dei problemi iniziali. Alex Schwazer risponde perfettamente a questo identikit, come lui stesso ha raccontato nella prima intervista televisiva rilasciata dopo lo scandalo doping, alla trasmissione televisiva “Le Invasioni Barbariche” condotta da Daria Bignardi su La 7.

Ed è strano guardare dallo schermo il viso di questo ragazzo che, nel suo italiano inconfondibilmente indurito dall’accento altoatesino, prova a spiegare in maniera schietta e sincera quello che è stato il suo dramma interiore, il suo percorso a ostacoli che lo ha portato dalla gloria dell’oro olimpico di Pechino 2008 al fango del mese di Agosto scorso, in quella conferenza stampa in cui, tra le lacrime, i singhiozzi e le mani nei capelli, ha ammesso la sua verità che, però, per molti sembra difficile da credere.

Alex Schwazer, il dramma della fragilità | © Stefania/Getty Images
Alex Schwazer, il dramma della fragilità | © Stefania/Getty Images

Alex Schwazer ha ribadito anche ieri la medesima versione, raccontando di come il suo ego da campione osannato e invincibile, dopo il 2008 abbia iniziato una paurosa discesa, fra insicurezze e stanchezza, bisogno di staccare la spina represso dalla propria voglia di vincere e di migliorarsi ancora, che lo spinse a pretendere troppo, a logorarsi mentalmente. Arrivò, così, la ricerca su internet, il viaggio in Turchia, e l’Epo, con le iniezioni quotidiane (fatte da solo) che lo fecero star male, fino a dover rinunciare alla 20 km, e poi a giorni alterni, ma sempre con la consapevolezza di “fare la cosa sbagliata, ma non riuscivo a fermarmi”.

La sua marcia si interrompe con la confessione del 7 Agosto, nella suddetta conferenza stampa, e da allora dismette i panni di sportivo per provare a ricominciare la propria vita, lontano dalla strada e dagli allenamenti sfiancanti, dai 50 chilometri da macinare quotidianamente. Diventa uno studente di Economia o, almeno, “ci provo”, rimane vicino alla fidanzata Carolina Kostner, cerca di rimettere insieme i pezzi del proprio essere, di ricercare se stesso e ricostruire la propria autostima frantumata dagli eventi, provocati dalla sua stessa ingenua fragilità: “sono stato un idiota”.

Fino ad ammettere, ancora una volta, il vero “perchè” di tutto questo: “uno si dopa se non va d’accordo con se stesso e cerchi qualche scorciatoia”. Alex Schwazer, però, non ha l’indole di chi riesce a vincere in maniera sporca, e questo si nota dalla sua commozione nel rivivere i momenti dei suoi successi “puliti”, nella consapevolezza che la sua reputazione è, ormai, molto incrinata nonostante la sua colpa sia andata avanti per due settimane, al contrario di chi – come Lance Armstrong – ha ingannato tutti ed ha vinto, dopandosi, per sette anni.

Per questo motivo, l’intervista di Alex Schwazer termina con la sua unica speranza, ossia che la giustizia sportiva possa alleggerire la squalifica di quattro anni attribuitagli. Ma, probabilmente, anche se ciò dovesse accadere, Alex Schwazer non tornerebbe a gareggiare.

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