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American Horror Stories: recensione di tutti gli episodi della serie

American Horror Stories” si è conclusa con l’uscita del settimo episodio, intitolato “Game over”. La serie di Ryan Murphy e Brad Falchuck, spin-off dell’originaria “American Horror Story” si è rivelata particolarmente deludente fino alla fine e fin troppo ancorata agli elementi della serie originaria. Più che uno spunto creativo, infatti, “American Horror Story” rimane una presenza troppo ingombrante e, per rimanere in tema, questo spin-off ricorda un po’ la scena di “Murder House” in cui Violet (Taissa Farmiga) cerca di scappare dalla casa per ritrovarsi puntualmente al punto di partenza. È proprio la casa della prima stagione, diventata una vera e propria icona della serie, ad essere la presenza più ricorrente e ingombrante di tutte. Sembra quasi che senza quella prima narrazione tutto il resto non abbia senso di esistere, a riprova del fatto che la prima stagione di “American Horror Story” sia senza dubbio una delle meglio riuscite e i suoi personaggi siano stati quelli che hanno avuto l’impatto maggiore, tanto da influire ancora adesso ed anche quando non sono visibili (leggasi Violet, Tate e Constance).

Se i primi tre episodi non sono stati il massimo, “American Horror Stories” non migliora andando avanti nella visione. Scopriamo gli episodi successivi nel dettaglio ma, nel complesso, questo tentativo di spin-off è un grandissimo NO. Tutto è un continuo rimando agli episodi della serie originaria che, va ribadito, deve essere un punto di partenza e non ancora una volta il fulcro della narrazione. Il risultato è un continuo auto-citazionismo, che a sua volta deriva dalla grande passione per omaggi e citazioni della storia del cinema e del crimine americano.

LEGGI LA RECENSIONE DEI PRIMI TRE EPISODI

La lista dei cattivi (The Naughty List) ⭐⭐

In questo episodio diretto da Max Winkler e scritto da Manny Coto torniamo al tema del Natale, che include inevitabilmente la presenza di un Babbo Natale psicopatico, stavolta impersonato da Danny Trejo – e forse l’unico vero personaggio degno di nota (nonostante la brevissima apparizione) di tutta la stagione. Su tutti, “La lista dei cattivi” è l’episodio che più si avvicina al vero spirito della serie, giocando tra lo splatter e il demenziale ma anche ponendo una critica a una società sempre più cannibalizzata dalla voglia di apparire e dalla superficialità. I protagonisti sono dei giovani influencer impersonati da Kevin McHale (Barry), Nico Greetham (Zinn), Dyllón Burnside (James), Charles Melton (Wyatt), e Taneka Johnson (Detective Gibbs). I ragazzi hanno un canale YouTube, “BroHouse” diventato celebre per i loro scherzi e i loro eccessi. Per amor di successo, si sa, si arriva a spingersi anche oltre i limiti perdendo il contatto con la realtà e i ragazzi della Bro-House superano abbondantemente il limite pubblicando il video di un suicidio ma, ho-ho-ho!, Babbo Natale è arrivato in città e non porta bei doni ai bambini cattivi.


Ba’Al ⭐⭐

L’episodio è diretto da Sanaa Hamri e scritto da Ali Adler e Manny Coto. Non siamo nella Murder House ma poco ci manca. Sebbene non sia nulla di inedito né originale e a tratti richiami le atmosfere di “Coven”, “Ba’al” è un brutto episodio, ma non il più brutto di tutta la serie. Il rimando è chiaramente a “Rosemary’s Baby” e i protagonisti della storia sono Liv (Billie Lourd) e Matt (Ronen Rubinstein). I due cercano di avere un figlio senza ottenere risultati e alla fine Liv decide di accettare un totem della fertilità dalla sconosciuta receptionist della clinica della fertilità in cui si sottopone alle visite (chi non lo farebbe?). Dopo aver seguito le indicazioni, Liv effettivamente riesce a rimanere incinta ma dal momento della nascita del bambino iniziano a succedere cose strane in casa. “Ba’Al” ribalta continuamente la situazione e niente è come sembra, ma la ribalta così tante volte che si finisce con lo sbuffare e prevedere esattamente quale sarà il finale.


Feroce (Feral) ⭐⭐

L’episodio è diretto da Manny Coto e scritto da Ryan Murphy e Brad Falchuck e la differenza, seppur minima, si sente. In questo caso torniamo alle atmosfere di “1984”, la nona stagione di “American Horror Story” e qualche tocco à la “Roanoke”. Il campeggio è sempre un ottimo sfondo per una storia horror: in questo caso i protagonisti sono Jay (Aaron Tveit) e Addy (Tiffany Dupont), una coppia che decide di andare in campeggio insieme al figlio, il piccolo Jacob. La coppia ignora gli strani rumori che si sentono nella notte ma il peggio arriva quando, durante il tragitto per andare a pescare, il piccolo Jacob sparisce nel nulla. Dopo dieci anni la famiglia è completamente distrutta e di Jacob non c’è alcuna traccia ma Jay non si è ancora arreso e decide di seguire un cacciatore, Bob (Blake Shields), che sostiene di avere delle tracce. Jay convincerà la moglie a rivivere l’incubo del ritorno al Kern Canyon dove incontreranno il ranger Stan Vogel (Cody Fern) e scopriranno una realtà particolarmente inquietante. Natura selvaggia che più selvaggia di così non si può, anche per colpa dell’uomo che non si fa mai i fatti suoi, condita con un pizzico di teorie del complotto che stanno sempre bene su tutto.


Game over

Il gioco è finito: per fortuna, perché la visione di questi episodi è stata straziante e questo segna il culmine. “Game over” è diretto da Liz Friendlander e Manny Coto: sinteticamente, è un’accozzaglia di elementi della prima stagione e dei primi due episodi di “American Horror Stories”, non ci si capisce niente. O meglio, secondo chi l’ha scritto e diretto creare questa sorta di confusione tra realtà e finzione è lo scopo dell’episodio ma secondo chi lo guarda anche no. Come buona parte degli episodi precedenti, questa serie sembra solo un tentativo di creare un prodotto incentrato sulle giovani star (meglio se figlie di) – da Paris Jackson a Noah Cyrus, solo per citarne due – senza prestare minimamente attenzione alle doti attoriali. Di certo queste scarseggiano in tutte le stagioni di “American Horror Story” ma venivano abbondantemente compensate dalle capacità di Jessica Lange, Evan Peters, Lily Rabe e Sarah Paulson, qui non pervenuti (buon per loro). Incredibile ma vero, siamo di nuovo alla Murder House ma stavolta i protagonisti sono Michelle (Mercedes Mason), una madre ossessionata da “American Horror Story” senza motivo, che vuole a tutti i costi stupire il figlio, Rory (Nicolas Bechtel), facendo una serie di cose che non hanno assolutamente senso. La storia del rapporto madre-figlio si intreccia con quella di alcuni personaggi ricorrenti di “American Horror Story” che diventano i protagonisti del gioco, e con la trama dei primi due episodi dello spin-off, creando un minestrone forzatissimo, una portata che avremmo saltato più che volentieri. La brutta notizia? La serie è stata rinnovata per una seconda stagione.

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Pessima - Lo spin-off di cui non avevamo bisogno.

PANORAMICA RECENSIONE

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