“Anomalisa” è candidato agli Oscar per il miglior film d’animazione, prima di capire di cosa stiamo parlando è importante menzionare chi c’è dietro a questo lavoro: Charlie Kaufman.
Se il nome vi suona conosciuto ma non vi viene in mente niente, allora vi ricordiamo che ha debuttato alla regia nel 1999 con “Essere John Malkovich“, sono suoi anche “Il ladro di orchidee” e “Se mi lasci ti cancello“. C’è una parola che Charlie Kaufman tiene sempre bene a mente quando realizza i suoi film: semplicità. E ce n’è un’altra che tiene ben lontana: banalità. “Anomalisa” è forse il film d’animazione più bello che possiate vedere quest’anno (o per molti altri ancora) ma non è certamente un’opera dedicata ai bambini.
Anomalisa, una voce angelica nel buio
Michael Stone (David Thewlis) ha una carriera di successo come oratore motivazionale nell’ambito del servizio clienti, viaggia spesso per tenere dei convegni seguiti da tantissime persone. Nonostante tutto la sua vita è piatta e lui vive ormai nell’apatia, almeno fin quando non prende il volo per Cincinnati, dove si aspetta che ogni cosa vada come sempre e invece, tra mille volti tutti uguali, incontra Lisa (Jennifer Jason Leigh). Il film di Charlie Kaufman racconta poche ore della vita del protagonista, racchiudendone però tutta la sua essenza con una capacità straordinaria.
La tecnica della stop-motion ha richiesto un lavoro non indifferente per 90 minuti di film, ogni cosa è curata nel dettaglio, sul web si trovano molti video che raccontano il work in progress e vi consigliamo di dare un’occhiata. La cosa più bella di tutte è che però nonostante la stop-motion e i dettagli che la distinguono da tutti gli altri film, “Anomalisa” non perde nulla rispetto al live action, semmai acquisisce dettagli che lo rendono più prezioso ed emozionale. Il film tocca un tema molto particolare e lo fa con una delicatezza che non è da tutti. Sono tanti i riferimenti da cogliere – molti all’italiano e il perché lo potrete capire nel paragrafo successivo – molteplici le sfumature del nostro protagonista, fumatore incallito e uomo frustrato, che non riesce a cogliere pienamente la realtà che lo circonda.
Michael, infatti, è circondato da persone che hanno letteralmente i volti tutti uguali e lo sono anche le loro voci. Questa condizione gli sembra del tutto naturale e mentre continua a crogiolarsi nella sua depressione crescente, si apre uno spiraglio di luce nel momento in cui sente la voce di Lisa nei corridoi dell’hotel Fregoli di Cincinnati. Tutto è così semplice e scarno ma anche così ricco di dettagli, proprio come i sentimenti. Tra tutti, l’amore dovrebbe essere il più noto e facile da riconoscere, vivere, eppure mette sempre tutti in difficoltà, in un modo o nell’altro. Quello di Michael Stone è un incubo che invade i suoi sogni ma anche la sua vita reale, un dramma che viene raccontato nelle stanze poco illuminate di un albergo, in un negozio di sex toys e nell’ambiente familiare, effimero e presente solo per pochi minuti, ma in cui non mancano i momenti di ironia. Altrimenti, il dolore sarebbe insopportabile, sia per Stone che per lo spettatore che, nell’arco di pochi minuti, fin dal momento in cui il protagonista sale in taxi, si immedesima subito nel personaggio.
La sindrome di Fregoli
Piccolo approfondimento per capire di cosa stiamo parlando, partendo dal principio: Leopoldo Fregoli è stato un celebre trasformista italiano tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Dal suo nome deriva il nome di una malattia psichiatrica, la sindrome di Fregoli (detta anche “delirio di Fregoli” o “sindrome dell’illusione”), per la quale spesso il malato pensa di essere perseguitato da una persona che si sostituisce ad altre, cercando di camuffarsi. Pur incontrando persone con aspetto diverso, il malato si convince che siano comunque la stessa persona che lo sta perseguitando travestendosi come altri soggetti.
Conclusioni
Quella di “Anomalisa” non è la semplice storia di un amore finito male, del dramma della solitudine, della ricerca della felicità o dell’abbandono: va ben oltre, c’è un lavoro di scrittura ben studiato. Non è un film d’animazione per bambini ma non è nemmeno per adulti superficiali. Con tutta probabilità spaccherà il pubblico in due, ma rimane un vero e proprio gioiello di quest’annata cinematografica, un capolavoro da non perdere. Per risvegliare i sentimenti assopiti sotto il caos e il rumore della routine per la quale spesso, sindrome di Fregoli oppure no, anche noi ci ritroviamo confusi e smarriti.