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Auguri a Lucio Battisti, un mito vero

Cinque  Marzo 1943: Lucio Battisti emette il primo gemito in una casa di Poggio Bustone in provincia di Rieti e – fantasticando, ma non troppo! – quel gemito misto a vagito era destinato a scrivere una pagina della musica italiana, tanto apprezzata anche all’estero. E il corso degli eventi, poi, si mette d’impegno a dare un tocco di vitalità a tutta la faccenda se pensiamo che è nato un giorno dopo il compianto cantautore Lucio Dalla. Lucio e Lucio, stesso nome per due personalità diverse ma affini tra loro. Lucio e Lucio, stesso nome per due Artisti. Se poi aggiungiamo che sono stati i precursori del movimento cantautorale italiano, innovatori e sperimentatori, allora non abbiamo davvero nulla da invidiare all’America perchè si, se la musica è nata lì allora i cantautori sono italiani. E non credo di sbagliare affermando ciò.

Tralasciando la vita (le informazioni oramai circolano velocemente in rete, che quasi non vale la pena riportarle!) meglio concentrarsi sulla carriera di Lucio Battisti, giovane ragazzo dall’animo puro e di una riservatezza più unica che rara che onde evitare la mercificazione del proprio nome a discapito delle major discografiche e del pubblico di massa fautore della musica mainstream, decise di fondare un’etichetta indipendente sotto il nome di Numero Uno (questo dopo i primi dischi che portano la firma della casa discografica Ricordi) e ritirandosi dalle scende per circa un decennio concentrandosi su quello per cui era nato: comporre musica. E’ stato, dunque, il primo a fondare un’etichetta discografica indipendente (chissà perchè ancora oggi il panorama musicale italiano non è ancora in grado di distaccarsi dalle major, tra l’altro in difficoltà) e capace poi di scomparire dalle scene avendo ben chiaro già all’epoca come la cultura di massa fosse deleteria per sè e le sue creazioni perchè si, se esiste una certezza è che il pubblico travisa sempre il messaggio che ogni singolo individuo cerca di trasmettere perchè non mancano le persone ma gli uomini.

Lucio Battisti

La leggenda narra che il giovane Lucio ebbe un rapporto di odi et amo con la propria chitarra, cominciando a studiare da autodidatta abbandonandosi poi all’oblio e riprendendola senza più lasciarla dopo che il padre fu contrario all’indole musicale manifestatasi in Lucio già in erba, arrivando addirittura a rompergli una chitarra in testa. Ma i due raggiunsero un compromesso, e così Lucio conseguì il diploma da perito elettrotecnico ed il padre si convinse a lasciarlo proseguire la carriera musicale.

Il rapporto conflittuale con la società è stato un cardine della sua intera carriera e lo si può apprezzare nelle sue canzoni, essendo il precursore di quella che possiamo considerare la fiction, riportando cioè nei testi estratti di vita odierna vissuta e fu anche questo un motivo per cui Lucio Battisti viene ancora oggi ricordato. Un  piccolo aneddoto ci svela anche qual’era il suo rapporto con la Chiesa: lo stesso cantautore, infatti, in un’intervista affermò che quando erano giovani lui ed un suo amico partecipando alla messa (lui che ha servito la messa all’età di 5 anni) continuavano a chiacchierare in continuazione – si, perchè Lucio era un gran chiacchierone e si divertiva a parlare di tutto e niente! – e ad un certo punto il prete diede una sberla in testa ad entrambi. Da allora il rapporto con la Chiesa cambiò.

Cominciò così a frequentare la movida romana già dall’adolescenza, dopo che si trasferì con la famiglia, ma non mancavano occasioni per ritornare durante l’estate al paese natìo. In giro per i locali portava alcune sue prime composizioni ed arrivarono poi i primi guadagni, che non erano abbastanza. Quando si unì poi ad un gruppo chiamato I Satiri (aveva già fatto parto di un gruppo di musicisti napoletani sotto il nome de I Mattatori) partecipò ad una tourneè in Germania ed Olanda e potè apprezzare il movimento rock’n’roll che ancora faticava a trovare spazio in Italia.

Ritornato nel BelPaese, si trasferì a Milano e lì incontrò una persona dal nome Giulio Rapetti che noi tutti conosciamo sotto lo pseudonimo di Mogol. Assieme a quest’ultimo ci ha regalato 30 anni di canzoni destinate a rimanere immortali, ancora oggi oggetto di studio da parte dei musicisti italiani e stranieri. Non esiste, almeno credo, persona che imbraccia una chitarra e non conosce almeno una canzone del repertorio Battisti-Mogol.

Mogol | © Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Lo stesso Mogol, abile paroliere,  racconta che Lucio Battisti era in grado di scomparire per intere settimane e piombare letteralmente nello studio di registrazione con la musica (già scritta) ed una bozza di testo per le nuove canzoni, affidandosi all’abilità dello stesso Mogol nel cercare le parole mai a discapito della sostanza per favorire la forma. Assieme hanno scritto capolavori per cantanti come Mina, Patty Pravo e Bruno Lauzi risultando anche qui precursori. La loro collaborazione, però, cominciò ad affievolirsi sul finire degli anni ’80 inizio anni ’90 per divergenze artistiche lasciandoci in eredità un’ultimo capolavoro dal nome “Una giornata uggiosa”. Infatti Mogol continuò la sua carriera da paroliere, mentre Battisti si ritirò in campagna dove acquistò un casale e lo trasformò in sala di registrazione e continuò la sua sperimentazione con influssi a tratti dance e a tratti techno generi emergenti nel panorama musicale italiano degli anni ’90 che si possono apprezzare soprattutto nell’album Hegel del 1994.

Morì il 9 settembre del 1998 per cause mai espressamente dichiarate proprio per il volere dell’artista, ma a noi consola il fatto che si può anche uccidere un uomo, ma non si potranno mai uccidere le sue idee. E così come al caro Lucio Dalla, diciamo grazie a Battisti per essere passato di qui ed aver portato una ventata di freschezza ed innovazione in un’epoca che non conosce il domani.

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