Osserviamo ultimamente il fenomeno musicale discografico di quei gruppi che lanciano album continuamente, senza remora. I Boards Of Canada con Tomorrow’s Harvest hanno raggiunto quota sei album, sfornati nel corso di una carriera quasi pluridecennale, e nonostante le lunghe pause che sono intercorse tra i loro dischi, sono riusciti a mantenere sempre viva la filosofia musicale con la quale hanno deciso di mettere su musica. Così legati alle origini ma straordinariamente attuali, i Boards Of Canada possono essere definiti i pionieri di un tipo di musica che ormai viene venerato come se fosse una divinità greca. Divinità con i peccati degli umani, la musica elettronica ultimamente sembra abbia perso l’identità con la quale si è affermata qualche decennio fa, e, vittima dell’hype, ultimamente sembra aver perso di credibilità.
Annuncio e streaming arrivato tra capo e collo, Tomorrow’s Harvest ci trasporta in ambienti solitamente oscuri e malinconici tipici di tutta la produzione musicale dei Boards Of Canada, e ci fa ricordare, che in fondo, la musica elettronica è tutta un’altra cosa. Lontani dal french touch tanto amato, la band appartiene ad una generazione che, per coerenza artistica e amore per la musica, ha deciso di rimanere ancorata ad alcuni principi fondamentali, snobbando fortemente tutte le correnti modaiole in materia di musica. Suggestivamente drammatico, Tomorrow’s Harvest è un album che già dal primo ascolto risulta straordinario,e pur essendo totalmente catastrofico, in fondo è piacevole all’ascolto.
Un lungo periodo di riflessione è servito a produrre un album del genere, sempre ricco di suoni ricercati e strumenti ricercati, i quali sembrano essere i marchi di fabbrica di tutta la musica dei Boards Of Canada. Legato fortemente alla logica e alle successioni ordinate, l’ultimo arrivato in casa Sandison ci riporta alla memoria tutta la produzione anni 90, con un piacevole riferimento all’acidità di Aphex Twin e il nervosismo di Squarepusher. Un pessimismo di fondo caratterizza l’intero album, il che potrebbe essere un punto a sfavore, ma che paradossalmente rappresenta il quid che rende le melodie di “Tomorrow’s Harvest” goticamente straordinarie.
Ambientazioni vuote, immagini sfuocate, idee sgranate e tanto altro ancora è racchiuso in diciassette tracce dall’inconfondibile drammaticità e vuoto. Dopo otto anni abbiamo avuto il piacere di rimanere sorpresi da un capitolo musicale che si distingue da tutti gli altri per qualsiasi microsuono presente in tutta la trama melodica, così armonicamente stabile. Coerenza artistica e musicale che continuamente si presenta ad ogni appuntamento discografico made in Boards Of Canada, che seppur discostandosi di qualche millesimo ad ogni disco risulta sempre essere in linea con tutti gli altri antenati. L’impressione è quella di compiere un viaggio pur rimanendo chiusi in una stanza, un viaggio che non ha nulla di sintetico, ma un viaggio che sembra portarci in una storia fantastica, triste e post apocalittica. Non necessitiamo di suoni duri, cattivi e distruttivi per poter percepire quanto sia distrutto lo scenario in cui veniamo proiettati musicalmente, e non necessitiamo di grandi spiegazioni nonostante nessuna parola sia stata pronunciata durante lo sviluppo musicale di questo straordinario disco.
Specificazioni doverose quelle appena fatte, che seppur troppo ricche di aggettivi, possono servire a farvi capire quali picchi di drammatica artisticità sono presenti nel disco. “Cold Earth” è come una goccia che scava la roccia, parte dalla delicatezza di alcuni suoni, ma alla fine dei quattro minuti d’ascolto ti trovi inaspettatamente provato, ma così meravigliato di tanta complessità emotiva che quasi ti sembra di aver subito un teletrasporto su qualche pianeta lontano. “Sick Times” non ha bisogno di spiegazioni, la trama melodica e lo stesso titolo sono abbastanza eloquenti. “New Seeds” rappresenta il movimento che ritorna dopo quasi dieci tracce di staticità melodica, rappresenta la nuova vita che sboccia, così drammaticamente contaminata che in realtà, dopo tutto il trasporto avvenuto nei brani ascoltati fino ad ora, ci sembra di essere tornati alla prima traccia. “Collapse” e “Reach for the Dead” sono i miei momenti preferiti, e l’insistenza e la ripetitività con la quale ho utilizzato il termine “drammaticità” ahimè vengono reincarnati musicalmente nelle note di questi brani. Qualcosa di insistente a lungo andare diventa quasi impossibile da sostenere, e l’inquietudine racchiusa in un album come “Tomorrow’s Harvest” è eccezionale. L’abuso di “drammaticità” è condizione necessaria per potervi parlare di un album come questo, che a dispetto di tutto il panorama attuale musicale si afferma tornando alle origini, risultando come sempre attuale più di qualsiasi altra “avanguardia“.