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Bob Marley, la leggenda del reggae avrebbe compiuto 67 anni

Siamo talmente abituati a lasciarci travolgere dagli eventi quotidiani che può capitare di dimenticare le sigarette o il cellulare a casa e farne una tragedia mentre passa in secondo piano un evento particolare senza  dedicarne la giusta attenzione. Tranquilli è tutto effetto del fenomeno della tecnologicizzazione o meglio conosciuta come la terza rivoluzione industriale: oggi ci sono i vari Facebook e Twitter e così via a ricordarci i compleanni degli amici e parenti più cari, un messaggio di auguri veloce e via verso un nuovo giorno. Eppure alcune date restano impresse nella nostra mente seppur non dotati di un iPhone nel quale accuratamente abbiamo apposto il promemoria della data di compleanno.

Oggi 6 febbraio 2012 Robert Nesta Marley meglio conosciuto nel mondo come Bob Marley avrebbe compiuto 67 anni. Peccato che un melanoma maligno, cioè un tumore, gli stroncò la vita a 36 anni portando via una delle stelle più belle mai transitate sulla terra. E subito si gridò al mito. Pioniere di un messaggio di pace e di fraternità tra l’uomo e la natura che lo circonda riuscì a fare della sua musica un’arte unica nel suo genere, esportando dalla Giamaica  la musica reggae che lo rese poi popolare in tutto il mondo.

L’unico canone che potrebbe accomunare la storia e la vita di Bob con quella di altri personaggi risiede proprio nella sua ragion d’essere: è proprio vero che sulla terra sono di passaggio alcune entità predestinate a lasciare un messaggio, ad indicare una strada o a lasciare un messaggio che viene tramandato di generazione in generazione affinchè l’odio e le atrocità di cui è sia vittima che carnefice l’essere umano possano un giorno non trovare più spazio a questo mondo. Un sogno, forse un’utopia, ma il solo fatto che esistono esempi come quelli di Bob che credevano fermamente in tutto ciò lascia un velo di speranza alle generazioni postume. La sua musica e la sua arte erano un mezzo di espressione in cui si celano la volontà di indirizzare un messaggio: bisogna liberare la propria mente, intellettualmente parlando, poichè solo in questa direzione l’uomo può raggiungere la vera essenza della libertà. Un invito all’autodeterminazione umana.

Bob Marley | © Evening Standard/Getty Image

Leggendo varie biografie non è difficile capire come l’intera vita di Marley ruota attorno ai traumi vissuti durante l’infanzia: un’infanzia atroce e a tratti senza senso destinata a lasciare un segno nell’animo del vate giamaicano. Figlio di un capitano della marina inglese Norval Sinclair Marley e di una ragazza di colore giamaicana, Cedella Booker, e proprio in merito a questo “incontro” più volte durante vari interviste il vate giamaicano non disdegnò di dichiarare che: “Non ho avuto padre. Mai conosciuto… Mio padre era come quelle storie che si leggono, storie di schiavi: l’uomo bianco che prende la donna nera e la mette incinta”. Ancora in merito alla sua istruzione: “Mia madre ha fatto dei sacrifici per farmi studiare. Ma io non ho cultura. Soltanto ispirazione. Se mi avessero educato sarei anche io uno sciocco…Sono cresciuto con i ragazzi del ghetto. Non c’erano capi, solo lealtà uno verso l’altro”. Proprio da queste vicissitudini prende spunto l’intera filosofia di vita di Bob che, come detto in precedenza, veicola con la musica reggae: un’odio profondo verso la cultura occidentale, quella dell’uomo bianco che vuole dominare il mondo per il solo timore dell’uomo nero. Si, perchè l’uomo bianco ha paura dell’uomo nero della sua forza e delle sue risorse.

E così scopre il rock provocatorio di Elvis Presley in cui si celano con influssi della musica soul e country precisamente quella di Sam Cooke e Otis Redding, ma è dall’incontro con l’amico Peter Tosh che decidono di formare i Wailers che tradotto vuol dire coloro che si lamentano, di cui un acronimo di una famosa casa automobilistica molto amata da Bob la BMW tedesca che con un pò di fantasia cela il nome di Bob Marley & The Wailers, una band destinata a lasciare un seguito in questo mondo.

Ma questo non vuole essere il solito scritto celebrativo di un grande artista, bensì l’intento è quello di lasciar trapelare – per quanto sia possibile – l’essenza vera dello spirito benedetto del vate giamaicano. Tant’è vero che un aneddoto ci ricorda che nel 1978 organizzò un concerto a sfondo politico per la Giamaica dal nome One Peace Love Concert durante il quale invitò ed ottenne una stretta di mano in segno di pace tra i due leader dell’opposizione del Paese.

Bob Marley | © Express Newspapers/Getty Images

Ancora nel 1980 fece tappa in Italia, prima allo Stadio San Siro di Milano dove riunì ben 100.000 persone ed il giorno dopo allo Stadio comunale di Torino altrettanto stracolmo di persone. Ad un’intervista rilasciata subito dopo essere atterrato all’aeroporto di Malpensa in Milano alla domanda: “Bob tu dici di maledire il denaro però hai radunato ben 100.000 persone per questa sera al San Siro…avrai guadagnato un bel gruzzoletto” il vate giamaicano non esitò nel dire che “I soldi sono soltanto un mezzo per me per poter portare la mia musica ed il mio messaggio nel mondo. Di certo non ne faccio una religione o l’unica ragion d’essere della mia vita – ndr”.

E ritornando così, infine, sulla questione del tumore che gli lacerò il corpo lentamente giorno dopo giorno, Bob Marley avrebbe potuto salvarsi con la semplice amputazione dell’alluce del piede dal quale partirono le metastasi che aggredirono il suo corpo, ma anche in quel caso egli rifiutò di farlo sia perchè la sua religione vietava qualasiasi tipo di amputazione corporale sia perchè, come si legge in alcune interviste, egli stesso dichiarò: “la mia immagine nella mente e nel cuore delle persone è ben chiara, nitida. I sono nato per cantare e fare concerti…pensate che potrei mai cantare in piedi senza un piede sul quale appoggiarmi? – ndr”.

Robert Nesta Marley ci lascia l’11 Maggio 1981 a Miami dopo aver comunque tentato di salvarsi in varie cliniche in giro per il mondo. Al suo funerale parteciparono centinaia di migliaia di persone ed il suo corpo fu portato e sepolto nel suo luogo di nascita diventato di diritto meta di pellegrinaggio di persone provenienti da tutto il mondo.

Lunga vita a Te, Bob.

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