Ci sono film che sanno stupire e rovesciare qualunque idea potessimo esserci fatti di loro prima di entrare in sala. “Boxoffice 3D – Il film dei film“, suo malgrado, non è uno di questi. Ezio Greggio, a dodici anni dalla sua ultima prova da regista, decide di ritornare con un film in 3D scritto, diretto ed interpretato da lui che si propone come il connubio tra le pellicole parodistiche americane e i nostrani cinepanettoni. Il risultato è un film che scorre lentissimo tra corti e finti trailer slegati da un qualunque filo conduttore che stravolgono pellicole americane cercando di portare al sorriso gli spettatori avvalendosi di un umorismo basato esclusivamente su calcio e sesso.
Si comincia con la parodia del “Codice Da Vinci”, trasformata in un corto in cui un Ezio Greggio con un improbabile parrucchino si prodiga nella ricerca del celeberrimo “Giocondo” di Teomondo Scrofalo, rubato dal museo del Louvre da una terribile setta che ha l’obiettivo di ottenere l’eterna giovinezza. Questo episodio risulta piuttosto divertente se si sorvola su battute come il “gratta e Da Vinci”, dando allo spettatore la vana speranza che la pellicola possa risultare comica. Purtroppo il proseguo ci riporta prepotentemente alla realtà con un’imbarazzante parodia di Twilight in cui il miglior attore risulta essere un completo profano della recitazione come Luca Giurato e quindi con la messa in scena del seguito del Gladiatore in cui, complice la comparsata di Cesara Buonamici, si consuma la gag più deprimente di tutta la pellicola.
Da qui è un crescendo di clichè, battute scontate e smorfie di un Enzo Salvi ormai sempre uguale se stesso in un calderone di prese in giro in cui i Na’vi diventano un popolo di erotomani, Zorro napoletano e 007 un anziano sciancato. Si conclude con una interminabile parodia di Harry Potter in cui i protagonisti, dopo anni ed anni di sequel si ritrovano cinquantenni e impossibilitati ad accoppiarsi a causa del rigido contratto imposto dalla produzione. In questo capitolo lascia sconcertati la partecipazione di un comico come Gigi Proietti il quale, nonostante il suo talento, non riesce a sollevare il livello.
Il cast, pescato tra cinepanettoni e personaggi televisivi, corona una pellicola con nulla da dire, che annoia ed amareggia e che al termine della proiezione porta tutto il pubblico in sala a lamentarsi rumorosamente. Stupisce pensare che un prodotto del genere sia stato proiettato in una cornice internazionale importante come il festival di Venezia, dando a tutto il mondo un’immagine pessima del cinema nostrano. Emblematica l’apparizione finale di Ezio Greggio nei panni di se stesso che ci comunica, pieno di orgoglio, di aver scritto, diretto ed interpretato il film. Non ha tutti i torti ad essere orgoglioso: riuscire a confezionare una pellicola meno esilarante di un qualunque cinepanettone non è un’impresa da tutti.
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