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Buongiorno papà: la recensione

“Buongiorno papà” è il nuovo film di Edoardo Leo che torna dietro la macchina da presa dopo l’esordio nelle vesti di regista avvenuto nel 2010 con “Diciotto anni dopo

L’attore e cineasta romano (da molti conosciuto per la sua interpretazione nella serie “Romanzo criminale”) dirige un cast nel quale spiccano i nomi di Raoul Bova (ormai chiaramente a proprio agio in ruoli “leggeri”) che qui interpreta un ruolo da sciupafemmine impenitente, Marco Giallini (attore navigato che ha raggiunto il successo probabilmente troppo tardi) nei panni di un improbabile e consumato rockettaro, Nicole Grimaudo (“Baaria”, Mine vaganti) e lo stesso Edoardo Leo. Completano il cast Antonino Bruschetta (“I cento passi”, “Distretto di Polizia”), Paola Tiziana Cruciani, Rosabelle Laurenti Sellers ( nel ruolo di Layla, la figlia di Andrea) e Mattia Sbragia. Il soggetto del film è stato realizzato da  Massimiliano Bruno (“Nessuno mi può giudicare”, “Viva l’Italia”)

Buongiorno papà
Buongiorno papà

Trama

Andrea, quarantenne single, divide la sua vita tra lavoro (è impiegato in una agenzia pubblicitaria) rimorchio (scapolo incallito, e dall’avvenente aspetto, sembra poter conquistare il cuore di ogni donna) e uscite serali, con il suo amico Paolo con il quale, oltretutto, divide l’appartamento. La monotona ma allo stesso tempo frenetica esistenza di Andrea viene sconvolta dall’arrivo della giovane Layla, aspetto ribelle e ciuffo colorato che ben poco nasconde dell’innocente viso di una poco più che adolescente. Layla è la figlia di Andrea, o meglio, il frutto di una  relazione passata dell’affascinante pubblicitario. E non è finita qui perché Layla si porta dietro anche il nonno, un improbabile ma irresistibile rockettaro e padre della donna che Andrea mise incinta anni prima tra le dune di Sabaudia.

Giudizio

In un cinema italiano alla ricerca di una nuova identità che lo allontani dalla pesante eredità dei cinepanettoni, “Buongiorno papà” occupa uno scalino, purtroppo non vicino alla vetta, verso la rinascita. Sono numerose le buone intuizioni del regista romano, aiutato da un soggetto in cui si avverte forte e decisa la mano di Bruno, e da un Bova narciso eterno Peter Pan, anche se inevitabilmente con il minutaggio che sale anche la sua caratterizzazione del personaggio tende – inevitabile –  a sfumare verso il prevedibile.

Nella prima ora, tuttavia, la pellicola scorre decisamente bene grazie soprattutto all’irresistibile Giallini nelle panni di un nonno rockettaro sonnambulo con una vera e  propria ossessione per i New Trolls, mentre non convince pienamente il finale nel quale il film accusa qualche battuta a vuoto

Tralasciando il tema principale del film, con il trauma vissuto dal protagonista davanti alla scoperta della esistenza della figlia, la pellicola approfitta di piccole sottotrame (la rabbia repressa di Paolo,disoccupato e migliore amico di Andrea, il rapporto ormai logoro tra i genitori del pubblicitario e una – seppure breve – esplorazione nel mondo della comunicazione e della pubblicità all’interno dei film) per non appesantire evidentemente quella che sarebbe apparsa come una storia piuttosto artefatta e dall’evidente finale. Nel mezzo c’è spazio anche per una avvenente professoressa di ginnastica (con annessa una scontata infatuazione) e un tentativo fin troppo conciliante di descrivere una difficoltà generica nel relazionarsi con l’altro: che sia tra uomo e donna, tra due amici, tra genitori e figlio o, semplicemente, tra noi stessi e il mondo. Il protagonista del film inserisce marche pubblicitarie all’interno dei film ed è suggestivo immaginare quella presenza inizialmente ingombrante come poi strettamente necessaria e indelebile nella nostra memoria. Un po’ come succede ad Andrea “costretto” ad inserire Layla nella sua vita senza rendersi conto che non ne avrebbe mai più potuto fare  a meno. Troppo smielato? Chiede lui, durante una gita scolastica. Forse si ma è pur sempre un film godibile. Con buona pace dei New Trolls.

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