Quinta giornata di Festival sulla Croisette di Cannes. Oggi è la volta dei fratelli Dardenne che presentano in concorso “Le gamin au velo” (“Il ragazzo con la bicicletta”). In concorso da segnalare anche la presenza del curioso film di Michel Hazanavicius, “The artist”. “Le Gamin au velo” Il film ci mostra le peripezie del giovane Cyril, un ragazzo di quasi dodici anni che ha una sola idea fissa: ritrovare il padre che lo ha lasciato temporaneamente in un centro di accoglienza per l’infanzia. Incontra per caso Samantha, che ha un negozio da parrucchiera e che accetta di tenerlo con sé durante i fine settimana. Cyril non è del tutto consapevole dell’affetto di Samantha, un affetto di cui ha però un disperato bisogno per placare la sua rabbia… I fratelli belgi Jean Pierre e Luc Dardenne sono tra i pochi cineasti a poter contare nel proprio personale palmares due vittorie della Palma d’oro a Cannes: nel 1999 per “Rosetta” e nel 2005 per “L’Enfant”. Tornano a Cannes a tre anni di distanza dalla presentazione de “Il matrimonio di Lorna” e lo fanno con una storia cruda, realista e molto sentita, ad alto tasso di commozione e coinvolgimento empatico. A tal proposito i Dardenne hanno dichiarato:
Da tempo eravamo ossessionati da una storia: quella di una donna che aiuta un ragazzo a liberarsi della violenza di cui è prigioniero. L’immagine che per prima ci veniva in mente era quella di questo ragazzino, questo fascio di nervi, placato e quietato grazie ad un altro essere umano.
“The artist” Siamo ad Hollywood, nel 1927. George Valentin (Jean Dujardin) è una star del cinema muto. Ma l’avvento dei primi film sonori (proprio del 1927 è quello che universalmente viene riconosciuto come il primo film sonoro della storia del cinema, cioè “Il cantante di Jazz” di Alan Crosland, con Al Jolson) e l’incapacità di adattarsi alle nuove modalità cinematografiche saranno la causa di una profonda crisi artistica e personale, di possibilità lavorative che si riducono sempre più, finché questo divo (uno dei primi dello star system hollywoodiano) cadrà inevitabilmente nell’oblio. Diametralmente opposta è la situazione per la giovane attrice Peppy Miller (Bérénice Bejo), star emergente che ha tutto un futuro davanti a sé e che si prepara a diventare una delle prime celebrità del cinema sonoro. Un giorno Valentin e la Miller si conoscono e questo incontro cambierà la vita ad entrambi. Con una trama malinconica, cinefila (evidenti i richiami a pellicole come “Viale del tramonto” di Billy Wilder e “Cantando sotto la pioggia” di Stanley Donen e Gene Kelly) e divertente, totalmente muto e girato con uno splendido bianco e nero, il film di Michel Hazanavicius si annuncia come un progetto inconsueto, sperimentale e affascinante. “Duch, il maestro delle forge dell’inferno” Documentario presentato fuori concorso e diretto da Rithy Panh. Il film racconta con uno stile duro e feroce gli orrori della dittatura ‘rossa’ che rischiò di sterminare il popolo cambogiano. Davanti alla macchina da presa del regista, che ritrova la sua vocazione di narratore della realtà, si confessa uno dei più terribili esecutori di quella follia omicida. “Martha mercy may Marlene” Diretto da Sean Durkin e presentato nella sezione “Un Certain Regard”. Dopo essere sfuggita a una setta religiosa, Martha cerca di ritrovare la normalità della vita. Ha vergogna di rivelare il suo passato anche ai parenti più prossimi, ma teme la vendetta della setta e non sa a chi chiedere aiuto. La paranoia è dietro l’angolo. “Code bleu” Protagonista nella sezione collaterale “Quinzaine des Realisateurs”. La regista di “Nothing Personal”, Urszula Antoniak, ritrova i temi più cari seguendo l’evoluzione interiore dell’infermiera Marian: percepita come “angelo della salvezza” dai suoi pazienti (anche quelli che accompagna al passo estremo), si fa coinvolgere da un vicino di casa che sorprende in un atto di voyeurismo. La sua vita sentimentale prende il sopravvento. “Chronique d’un etè” Giornaliera proiezione di uno dei molti film dimenticati e da riscoprire che sono il marchio di fabbrico di “Cannes Classiques”. “Chronique d’un etè” è uno dei risultati più alti ottenuti dal movimento cinematografico del Cinema Verité che vedeva nel documentarista Jean Rouch il fondatore e vero e proprio deus ex machina. L’esperienza del Cinema Veritè coinvolse anche il grande filosofo Edgar Morin. A cinquant’anni esatti di distanza, è proprio Edgar Morin a rievocare a Cannes quell’esperienza.