Tre film hanno segnato le prime due giornate della kermesse cannense: “We need to talk about kevin” di Lynne Ramsay, “Restless” di Gus Van Sant e “Polisse” di Maïwenn Le Besco. Tre film e tre temi scottanti (violenze domestiche, morte e pedofilia) che non hanno lasciato indifferente la platea di Cannes e che hanno anzi suscitato dibattito e scandalo. “We need to talk about Kevin” Eva ha messo la sua vita professionale e le sue ambizioni personali da parte per far nascere Kevin. Il rapporto tra madre e figlio è molto complicato fin dall’inizio. Alla vigilia del suo 16° compleanno, Kevin commette l’irreparabile, dando vita ad una vera e propria carneficina. Eva è combattuta tra il senso di colpa e il suo seno materno. Ha mai amato suo figlio? Qual è la sua parte di responsabilità nell’atto commesso da Kevin? Il film di Lynne Ramsay è stato presentato in concorso e ha suscitato reazioni contrastanti. Commovente secondo alcuni, furbo e ridondante secondo altri, ma in linea generale la sensazione è quella di una freddezza sostanziale riservata sia dal pubblico che dalla stampa internazionale. “We need to talk about Kevin” è tratto dall’omonimo romanzo di Lionel Shriver ed è il terzo lungometraggio (dopo “Ratcatcher” e “Morvern Callar”) della regista scozzese Lynne Ramsay, celebre realizzatrice di cortometraggi, documentari e videoclip. Protagonista della pellicola è il premio Oscar Tilda Swinton (“Michael Clayton”, “Io sono l’amore”), la cui prova è stata molto elogiata tanto da parlarne come un possibile vincitrice del premio per la migliore interpretazione femminile. Il cast può contare anche sul candidato all’Oscar John C. Reilly (“Chicago”, “The Aviator”) e l’esordiente Ezra Miller nel ruolo di Kevin. “Restless” Due ragazzi adolescenti, Annabel e Enoch (Mia Wasikowska e Henry Hopper), uniti dal destino e protagonisti di un amore profondo e indistruttibile, passano le loro giornate a porsi domande sulla mortalità, “imbucandosi” nei funerali di persone sconosciute. Lui ha perso da poco i genitori e cerca di andare avanti nella vita di tutti i giorni grazie al supporto di un amico immaginario, un kamikaze giapponese morto durante la seconda guerra mondiale. Lei ha un tumore al cervello all’ultimo stadio e decisa a trascorrere gli ultimi giorni che le rimangono cercando di esorcizzare l’incombente tragedia, vivendo al meglio il tempo rimasto grazie anche all’amicizia con Enoch che presto si tramuterà in un sentimento più profondo. Gus Van Sant è un autore molto amato in quel di Cannes: vincitore della Palma d’Oro nel 2003 per “Elephant” e del premio speciale per il sessantesimo anniversario della manifestazione nel 2006 con “Paranoid Park”. L’autore americano torna sulla Croisette con un film dolente, difficile, ma che ha riscontrato i plausi unanimi della critica e del pubblico. Resta da capire come mai un autore di questo calibro sia stato escluso dal concorso e relegato semplicemente nella sezione collaterale “Un certain regard”. Il film vede finalmente la luce dopo un periodo di preparazione molto lungo e travagliato. Ancora sconosciuta la data di distribuzione in Italia. “Polisse” Nella polizia francese esistono unità speciali, chiamate BPM (Brigade de Protection des Mineurs, brigate per la protezione dei minori). Maïwenn Le Besco (attrice, regista e sceneggiatrice francese) è rimasta tanto colpita dalla visione di un documentario televisivo sul lavoro di questi poliziotti da decidere di costruirvi sopra un film. Così nasce Polisse, storpiatura infantile della parola “police”, film di finzione girato con stile documentaristico e basato su casi di cui la stessa regista ha avuto esperienza diretta nei mesi che ha passato affiancata agli agenti della BPM. Assistiamo agli interrogatori di genitori troppo violenti, alle deposizioni di figli maltrattati, agli eccessi della sessualità adolescenziale, ma anche alla solidarietà dei colleghi e alle crisi di riso che li colgono nei momenti più inaspettati, alla pausa pranzo e ai problemi di coppia. Il film di Maïwenn Le Besco (che vede anche un piccolo cameo di Riccardo Scamarcio) ha ottenuto pareri discordanti dai giornalisti, mentre è stato molto apprezzato dal pubblico, tanto da venire pronosticato come uno dei primi papabili alla Palma d’Oro.