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Chernobyl Diaries – La mutazione: la recensione

“Chernobyl Diaries – La mutazione” è il primo lungometraggio del regista Brad Parker che porta sullo schermo la sceneggiatura di Oren Peli, che compare anche nelle vesti di produttore, e dei fratelli Carey e Shane Van Dyke. Il giovane cast è formato da Devin Kelley, Jonathan Sadowski, Ingrid Bolsø Berdal, Olivia Taylor Dudley, Jesse McCartney, Nathan Phillips e Dimitri Diatchenko.

La pellicola racconta una storia ambientata nella Ucraina post-Chernobyl dove nel 1986 si è registrato il drammatico incidente alla centrale nucleare che provocò una contaminazione atmosferica superiore a quella di 400 bombe atomiche. La catastrofe nucleare, di livello 7, ha costretto i cittadini della vicina Pripyat a lasciare frettolosamente i propri alloggi per quella che doveva essere una evacuazione temporanea. Da quel giorno nessuno ha potuto fare ritorno a casa e di quella “città dei fiori”, che ospitava circa 50mila persone, è rimasto solo uno spettrale agglomerato composto da enormi grattacieli, ospedali, piscine e luna park disabitati.

Chernobyl Diaries

Il film

Paul, da anni residente a Kiev, riceve la visita di suo fratello Chris che in compagnia della ragazza Natalie e dell’amica Amanda sta realizzando un intenso on the road europeo, da Parigi a Roma con ultima tappa l’Europa dell’Est. Per i due fratelli è l’occasione di passare qualche giorno insieme con l’obiettivo di partire il giorno seguente alla volta di Mosca. Ma Paul, dopo aver visitato una agenzia locale esperta in “turismo shock”, propone agli altri, a cui si uniranno Michael e Zoe, di avventurarsi in un viaggio estremo, da brividi, nei pressi della centrale nucleare di Chernobyl con una visita nella cittadina fantasma di Pripyat, accessibile – dopo un viaggio in pullman di due ore da Kiev – tramite un check point controllato dai militari ucraini. Una volta entrati in città, comincerà un incubo senza fine.

 

Chernobyl Diaries - La mutazione, la locandina del film

 

Giudizio sul film

L’esordiente Parker realizza una pellicola ad alta tensione che si divide tra un prologo – forse un po’ troppo allungato – ludico e rurale con una atmosfera da gita in campagna e una seconda parte agghiacciante in cui la suspense è continua grazie a “trucchi” tipici di genere come giochi tra buio e luce, apparizioni improvvise e aggressioni con tanto di urla strazianti non riprese dalla telecamera. A trionfare in “Chernobyl Diaries” è sicuramente quella lugubre ma al tempo stesso affascinante, suggestiva, atmosfera post-apocalittica con una ricostruzione della città di Pripyat (in realtà il film è stato girato nell’Europa dell’Est ma a Belgrado e Budapest) decisamente accurata, tra palazzi fatiscenti, murales con la gigantografia di Stalin, e quella ormai tristemente celebre ruota panoramica che campeggia nelle “cartoline” del turismo di nicchia.

Ambientare una pellicola horror nei dintorni di Chernobyl ha permesso agli autori di sviluppare un orrore su più strade, dove oltre al disagio che si può provare nel visitare una città fantasma, viene aggiunto il terrore delle radiazioni e gli attacchi improvvisi perpetrati da cani inferociti (e forse contaminati?), ex abitanti della città mutanti e, addidrittura, un orso. Quest’ultimo a testimonianza del lavoro di ricerca di Peli e gli altri che nel web hanno trovato una preziosa fonte di ispirazione, e alcune “urban legend” da trasportare sul grande schermo: una di queste vuole che nei dintorni di Pripyat sia stato avvistato addirittura un orso bruno, ospite dell’involontario “parco” formatosi in seguito alla evacuazione umana.

Non mostrando direttamente l’orrore – e in questo Parker è favorito dalla già sufficiente mancanza di vita della città – il film si nutre della paura dello spettatore costretto a “immaginare” cosa si nasconda fuori campo e ampiamente spiazzato dalle frenetiche scene finali dove gli attacchi diventano più frequenti con tanto di doppia – e tremendamente efficace – apparizione mutante.

Il colpo di scena finale lascia aperta la strada per un possibile sequel e se consideriamo che dietro alla operazione Chernobyl Diaries si trova Oren Peli (a proposito, è in lavorazione il quarto capitolo di “Paranormal Activity”) l’ipotesi è tutt’altro che remota.

Consigliato

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