Si è da poco conclusa la prima fortunata edizione del Festival del Cinema Sordo di Roma che si è tenuto al Nuovo Cinema Aquila il 3, 4 e 5 maggio. L’iniziativa è partita dall’Istituto Statale Sordi di Roma con l’intento di accorciare le distanze tra sordi e udenti; le necessità della comunità sorda nel nostro Paese non sono ancora ben soddisfatte nè a livello sociale, nè tantomeno dal punto di vista culturale. Lo scopo principale della rassegna è stato quindi di sensibilizzare il pubblico udente alla realtà dei sordi contribuendo ad una maggiore “integrazione” di questi ultimi nell’industria culturale. Il cinema, un pò come tutte le arti, è anche popolare e dunque destinata a tutti, nessuno escluso. Durante le tre giornate di festival sono stati proiettati film “per udenti” e “per sordi” che ci hanno dimostrato il potere comunicativo dell’immagine che permette di superare qualunque barriera, linguistica e fisiologica.
Ogni sera, per la sezione Cinedeaf Eventi, è stati presentati film piuttosto conosciuti (“The hammer”, “Sono rimasto senza parole” di Elisabetta Sgarbi e “See what I’m saying” di Hilari Scarl) che hanno avuto una normale distribuzione nel paese di origine e che fungono da ponte di contatto tra sordi e udenti. Si tratta infatti, di film che hanno come tematica la comunicazione tra sordi o, come nel caso di “The hammer“, raccontano la biografia di un sordo “famoso”. Il lungometraggio del regista americano Oren Kaplan porta sul grande schermo la storia vera di Matt Hamill, primo wrestler sordo, sin dall’infanzia e fino alla vittoria ai Campionati Nazionali del College. E’ la storia di un ragazzo che cresce in un mondo che a volte si dimostra ostile nei suoi confronti ma verso il quale lui non ha mai paura, diretta ad un pubblico sia udente (è a tutti gli effetti un film sonoro) che sordo. Si tratta di una pellicola di qualità, realizzata da uno staff tecnico di alto livello e scandita in qualche modo dalla presenza di una “doppia realtà”: vediamo spesso il mondo con gli occhi (e le orecchie) di Matt, entriamo nel suo spazio uditivo e sensoriale, ci immergiamo nella confusione di piccoli suoni dilatati che sente; poi però, torniamo la “mondo reale” all’interno del quale sentiamo ogni suono. Una convivenza davvero interessante a livello filmico.
Il Cinedeaf ha avuto in concorso molti interessanti cortometraggi che sono stati presentati in gruppi nella sezione Mondo Deaf. Il secondo giorno si è aperto con “Me and my wacky doctor: on our first appointment“, una commedia muta davvero divertente che vede protagonista Matthiew Gumey alle prese con uno strambo dottore che fa finta di non capire quello che il paziente sordo vuole dirgli usando la lingua dei segni; realizzato come fosse un muto, tecnicamente fedelissimo, regala agli spettatori sordi la magia di un cinema ormai scomparso (anche se solo dal grande mercato) di cui possono godere appieno senza l’ausilio dei sottotitoli. “All day” è un’altra divertente commedia inglese, questa volta sonora e a colori, con protagonisti due giovani sordi che si piacciono ma hanno paura di presentarsi perchè credono entrambi che l’altro sia udente. I restanti tre corti del gruppo sono invece totalmente privi di suono (diegetico e non), dunque più “adatti” ad un pubblico sordo ma indubbiamente d’effetto per un pubblico udente: l’italiano “Realtà?” punta sull’horror mentre il francese “The Street” e lo spagnolo “Conmigo&Contigo” portano avanti la tematica della sordità parallelamente a quella dell’omosessualità.
La rassegna si è chiusa con la sezione Visioni Queer composta da “Austin Unbound” e dal brevissimo cortometraggio inglese “Coming out“. La storia di Austin ci viene raccontata dal documentario di Eliza Greenwood e Sel Staley che hanno accompagnato il protagonista e il suo migliore amico nel viaggio che ha deciso di intraprendere diventare uomo anche fisicamente. E’ un bellissimo esempio di cinema della realtà, ci mostra l’infanzia del protagonista, il suo rapporto assolutamente pacifico con la sordità e quello meno semplice con la fisicità; Austin è sempre stato un uomo ed è intenzionato a cambiare anche il suo corpo di donna e potrà farlo grazie al sostegno della sua ragazza Lola e di tutta la sua famiglia. Si tratta di un’importante storia di accettazione e di amore incondizionato che tutti, udenti e non, transgender e non, potrebbero vedere per trovare la forza di realizzare il proprio sogno. Insomma, il Festival del Cinema Sordo di Roma si chiude con un documentario che raggiunge pienamente il suo scopo, ovvero quello di informare, di essere utile ad una causa e coinvolgere al meglio il pubblico che assiste.