E’ stato accusato della morte di Michael Jackson, ma Conrad Murray continua a negare la sua colpevolezza e in un’intervista esclusiva al Daily Mail spiega che la popstar si somministrò da sé la dose di propofol che poi si rivelò letale.
Nel suo racconto, Murray racconta che era molto affezionato al re del pop, era parte della famiglia e non avrebbe mai fatto nulla per nuocergli. Quella notte, fatale per la vita del cantante, adesso è stata raccontata in un’intervista in cui Murray parla degli ultimi attimi di Michael Jackson.
Parlando del suo rapporto con il cantante di “Thriller”, Conrad Murray rivela quello che gli disse un giorno:
“Ci sono solo quattro persone nella mia famiglia ora: Paris, Prince, Blanket e lei, Dr. Murray.” Fu uno dei giorni più felici della mia vita. Quest’uomo che era stato così solo, che aveva trascorso tante lunghe notti a raccontarmi del suo dolore e della sua angoscia, finalmente sentiva di potersi fidare di qualcuno al di là dei suoi figli. Eravamo una famiglia, ci volevamo bene come fratelli. Michael non si fidava di nessuno, la sua camera da letto era maleodorante perché non permetteva l’accesso alla donna delle pulizie. C’erano vestiti sparsi dappertutto.
Murray racconta poi di un momento in cui lui e Michael Jackson furono molto vicini e la popstar gli disse:
“Sai, per il resto della mia vita e della tua i nostri nomi saranno inseparabili” e io gli ho chiesto “Cosa intendi?”, lui ha sorriso e mi ha detto “Sono un chiaroveggente”.
Queste parole hanno un effetto diverso oggi, perché i loro nomi sono diventati inseparabili ma non per qualcosa di positivo, Murray è stato accusato di aver ucciso il suo cliente ma continua a negare:
Non avrei mai dato nulla a Michael che potesse ucciderlo. Gli volevo bene, gliene voglio tutt’oggi e gliene vorrò sempre.
Per rendere l’idea di quanto i due fossero intimi, il dottore scende in ulteriori dettagli:
Vuole sapere quanto eravamo vicini? Tenevo il suo pene ogni sera per fissargli il catetere, soffriva di incontinenza la notte.
Michael Jackson: un uomo fragile e problematico
La descrizione di Michael Jackson che viene fuori dalle parole del Dottore è quella di un uomo insano fisicamente e mentalmente, che non voleva affrontare il tour di “This is it” ma che era stato costretto a farlo a causa dei suoi problemi economici. Parlando del 25 giugno del 2009 Murray si commuove, dice di soffrire ogni giorno per quanto è accaduto e tutt’ora gli è difficile parlarne. Quando iniziò a lavorare con Jackson nel 2006, spiega, non aveva idea che usasse il Propofol per riuscire a dormire, l’insonnia era uno dei suoi più grandi problemi:
Mi aveva detto che c’erano dei dottori in Germania che glielo fornivano. Io non ero affatto d’accordo, ma Michael non era il tipo di persona che accetta un no, trovava sempre un modo.
Il dottore aveva deciso di somministrare il Propofol a bassissimo dosaggio, spiegando che la dose che gli aveva somministrato l’ultima sera, sarebbe dovuta sparire dal suo corpo nel giro di quindici minuti:
Non avrei mai ordinato del Propofol a Michael. Ma quando sono arrivato ci era sotto, lo chiamava “latte” e doveva uscirne. Volevo aiutare il mio amico. Michael non era dipendente dal Propofol ma ho scoperto che era dipendente da altri farmaci, che gli venivano dati da altri dottori e di cui non ero a conoscenza. Michael era un uomo decrepito, era fragile. Dovevo costringerlo a mangiare, ad assumere liquidi. Mangiava sempre lo stesso pasto: riso e pollo. Era sottoposto a un’enorme pressione. I bambini gli dicevano che erano stanchi di vivere negli hotel e di affittare altri posti, ma Michael era al verde. […] Voleva fare lo show di Londra e poi comprare una casa per la famiglia, forse a Las Vegas. Ma notte dopo notte mi diceva che non si sentiva in grado di farlo, mi diceva “Mi stanno trattando come una macchina”.
Le minacce dell’AEG
Murray racconta poi il modo in cui la AEG (peraltro uscita vincente dal processo) riuscì a costringere Michael Jackson a preparare il tour di “This is it“:
Sono venuti a casa e gli hanno detto: “Questa casa la paghiamo noi, i ghiaccioli che mangiano i tuoi figli li paghiamo noi, paghiamo anche per le nove guardie del corpo. Paghiamo per la carta igienica con cui si pulisce il culo. Se non fa questo spettacolo è finita. E’ rovinato, non ha un centesimo, finirà sotto un ponte.
Il giorno della morte di Michael Jackson
Il giorno in cui morì, Michael Jackson aveva pregato il Dr. Murray di dargli del Propofol in modo da riuscire a dormire, aveva già assunto del Demerol in dosaggi altissimi. Il dottore gli somministrò dei farmaci per calmarlo e farlo dormire, ma dopo la sua morte furono trovati altri farmaci e pastiglie in eccesso nella stanza e nel suo corpo che Murray non gli aveva somministrato:
Ho ricevuto una chiamata alle 11.07 e quando ho lasciato Michael alle 11.20 aveva un battito normale, i segni vitali erano postivi. Ho lasciato la stanza per non disturbarlo. Credo che poi si sia alzato, ha preso la sua dose di scorta di Propofol e se lo è iniettato da solo ma lo ha fatto velocemente, causando un arresto cardiaco. Quando sono tornato nella stanza ho visto subito che non stava respirando. Non sono andato nel panico, ho provato a cercare i battiti, ho controllato all’inguine e alla carotide ma non c’erano pulsazioni. Ho provato immediatamente a rianimarlo, ho rianimato migliaia di persone. Questo era un mio amico, ma mi sono comportato da medico.
In aula di processo Murray è stato accusato di non aver chiamato il 911 e di aver effettuato la rianimazione sul letto e non sul pavimento:
Sono un cardiologo specialista, so quello che faccio. Il letto era duro e Michael era molto magro, io ho delle grandi mani, ho subito iniziato la compressione del petto. Non ero senza speranze, ci credevo ancora, volevo che il mio amico ce la facesse.
Nei momenti successivi il dottor Conrad Murray è andato a chiamare le guardie del corpo e i soccorsi, seguendolo in ambulanza sperando di ottenere un segno di vita. In ospedale, spiega, il corpo di Michael continuava ad avere attività elettrica e il suo cuore riceveva gli stimoli ma non era forte abbastanza da resistere. Parlando della morte di Michael Jackson, il dottore si commuove e inizia a piangere:
Aveva 50 anni. E’ stato orribile, era così giovane. E’ stato terribile.
Murray racconta dei momenti successivi alla morte della popstar, quando ha dovuto dichiararlo ai suoi figli, Paris ha iniziato a piangere e gridare “Non voglio essere orfana!”, erano presenti anche alcuni familiari di Jackson che secondo il dottore hanno reagito con troppa freddezza alla notizia della sua morte.
Il rapporto di amicizia tra Michael Jackson e Conrad Murray
Tornando al suo rapporto con il paziente, Murray spiega che avevano legato molto anche grazie alla medicina, Michael era molto curioso, era ossessionato dalla malattia dell’Uomo Elefante ed incuriosito da tutte le anomalie del corpo, così Murray gli aveva regalato un libro molto semplice per capire la medicina e Jackson gli era riconoscente, soprattutto per la sua discrezione, che molti medici in passato non avevano avuto pur di fare gossip su di lui. Li accomunava anche un’infanzia molto difficile, che faceva sentire il cantante sempre più vicino al dottore. Tra le ossessioni di Michael Jackson c’era anche il colore della sua pelle, sognava una pelle di porcellana e prendeva molte creme per questo:
Non voleva far vedere da dove veniva, voleva essere diverso dalla sua famiglia.
Michael era stato vittima di abusi da parte del padre quando era piccolo e ce l’aveva con la madre che non aveva fatto nulla per fermarlo, inoltre pensava di essere stato abusato sessualmente da un dottore mentre era sedato. Aveva vissuto delle terribili esperienze ma, precisa Murray, “non credo che fosse omofobico” e non si sbilancia sulle accuse di pedofilia:
Non posso raccontarvi tutto, posso dirvi che guardavamo molti giornali con le donne. Gli piacevano quelle magre e more, mi disse che per tutta la sua vita uomini gay ci avevano provato con lui.
Di Michael Jackson, il dottore dice che non era una persona pretenziosa e che avevano legato molto solo grazie a reciproci gesti di gentilezza:
Michael non aveva mai avuto nessuno che si prendesse cura di lui. Gli chiesi perché indossava sempre le calze, mi mostrò i suoi piedi ed erano terribili. I funghi erano penetrati all’interno della pelle, i calli arrivavano fino all’osso, soffriva terribilmente.
Il dottore curò il problema ai piedi e per ringraziarlo Michael improvvisò il suo celebre moonwalk in cucina. Conrad Murray sostiene di aver raccontato così tanti dettagli sulla vita del suo paziente solo perché a causa del processo la sua immagine è stata rovinata e vuole far sapere che sono stati molto vicini e molto amici, ma continua a negare di averlo ucciso:
Michael Jackson ha accidentalmente ucciso Michael Jackson.