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Conte, allenatori si nasce “lo scudetto è mio”

La sua gioia nelle immagini catturate nello spogliatoio di Trieste era il simbolo della tenacia con cui ha affrontato questa stagione, questa sfida bianconera che ha coinciso con il suo “ritorno a casa” anche se in veste diversa. Antonio Conte è il simbolo di questo scudetto, conquistato con la forza del gruppo e la determinazione di chi ha fame di riscatto, di conferme, di vittorie. E’ stato un motivatore ed un tattico, un amico ed una guida, duro ed equilibrato, maniacale nella cura di ogni dettaglio, sia sul campo che fuori. Il suo discorso in allenamento – quando la Juventus era ancora inseguitrice del Milan – ha lasciato piacevoli sensazioni nella mente dei tifosi bianconeri, che hanno riconosciuto nelle parole del tecnico quella grinta necessaria a dare una svolta, per scrivere finalmente un’altra pagine di storia “superstraordinaria” come lo stesso mister ha sottolineato.

I suoi meriti sono indiscutibili, e questo traguardo raggiunto lo ripaga di tutto il lavoro svolto dalla preparazione estiva ad oggi, mostrando che – nonostante la sua inesperienza sulla panchina di una squadra di primissimo livello – “allenatori si nasce”.

Un messaggio inequivocabile, che mister Conte ha voluto sottolineare nella sua intervista a Sette, l’inserto del Corriere della Sera, affermando che, per lui, allenare “è una vocazione”, e lo è stato da sempre, fin dai tempi in cui giocava nella Primavera del Lecce ed allenava la squadra di suo fratello. In particolare, ciò che lo rende assolutamente a proprio agio nei panni del tecnico è la capacità di “dare un indirizzo, un metodo, prendere delle decisioni”. La sua fermezza ed il suo mostrarsi “tutto d’un pezzo” sono, poi, qualità aggiuntive che gli consentono di “farsi sentire in mezzo a 60 mila persone, ma senza urlare”, anche se molto spesso ha terminato la gara senza un filo di voce perchè la priorità è che i calciatori lo percepiscano sempre, creando un contatto continuo, affidandosi al fatto che il loro tecnico è lì con loro.

Antonio Conte | © AFP/Getty Images

Nonostante questo scudetto conquistato in maniera tanto convincente lo abbia consacrato nell’Olimpo dei grandi, mister Conte non dimentica i suoi inizi, e non tralascia di ringraziare colui che ha rivestito un ruolo chiave nel suo percorso di crescita sportiva, proprio in concomitanza con il suo approdo alla Juventus dei primi anni ’90, in veste di centrocampista di belle speranze: Giovanni Trapattoni, mister bianconero di quegli anni, per Antonio Conte è stato “come un padre, ha capito le mie difficoltà e restava dopo gli allenamenti per migliorarmi nella tecnica”. I risultati, poi, si sono riscontrati sul campo, considerando che per lunghi anni Antonio Conte ha vestito la maglia numero 8 del centrocampo bianconero, divenendone uno degli uomini simbolo, oltre che il capitano pre-Del Piero.

Come ci si potrebbe attendere da un uomo pragmatico come lui, però, la felicità e la soddisfazione del momento non sono altro che un antipasto, un preludio ed uno stimolo a continuare a lavorare duramente, per crescere ancora, per “continuare a stupire me stesso e gli altri”.

Gli obiettivi sono già fissati, anche perchè il prossimo 20 Maggio lo attende già la finale di Coppa Italia contro il Napoli che gli potrebbe consentire una straordinaria “doppietta” all’esordio in serie A, un’impresa che riesce soltanto ai grandi, e che gli consentirebbe di eguagliare un altro suo maestro, ossia Marcello Lippi.

In ogni caso, dunque, questo tricolore juventino non è un punto di arrivo, poichè “tutto per me è un punto di partenza”. Non a caso, la Juventus avrebbe già pronto per lui il rinnovo contrattuale fino al 2016, con conseguente adeguamento, per affidargli anche un ruolo di più ampio, anche manageriale, in stile Ferguson, in cui potrebbe partecipare direttamente alle decisioni di mercato, collaborando con Beppe Marotta, Paratici e Pavel Nedved.

Il bello deve ancora venire, parola di Antonio Conte.

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