E’ Corrado Guzzanti il protagonista del nuovo numero di GQ, per la prima volta sulla rivista il comico parla di attualità e di lavoro, quello che avrebbe voluto fare, quello che ha fatto e tenuto per sé. Nato a Roma nel 1965, Corrado è un esperto in imitazioni ma anche nella creazione di personaggi che il pubblico ama da anni ormai, da Vulvia a Quelo, la sua specialità è osservare la realtà e riprodurla a modo suo, ma un tempo gli piaceva anche fare dell’altro:
Volevo disegnare fumetti, come tanti della mia generazione. Poi ho sognato di fare il romanziere. Scrivevo racconti. Li ho anche mandati a quelle case editrici che mettevano annunci per esordienti. Ovviamente li accettavano. E li avrebbero pubblicati subito, se avessi pagato (…) Ma è andata bene così: non erano grandi racconti; quando li rileggevo, una settimana dopo, mi mettevo a ridere e ne scrivevo la parodia. Sono partito dall’autosatira. Finché mia sorella Sabina ha preso uno dei miei testi e se l’è portato in tv. È cominciato tutto per caso, anche la mia prima apparizione: feci una comparsata alle sue spalle. Però era un’altra televisione…
Figlio di Paolo Guzzanti, fratello di Sabina e Caterina, Corrado parla dell’altra televisione, facendo un esempio:
Matrioska. Il programma abortito di Antonio Ricci con Moana Pozzi. All’epoca Ricci era uno sperimentatore, c’era davvero roba forte. Quelli del Male, Stefano Disegni con lo Scrondo, Moana nuda. Poi Berlusconi vide il pilota e lo fece cancellare: troppo spinto. Se ne fece un’altra versione, con un altro titolo, L’araba fenice, e perfino un’altra scenografia, ma non era la stessa cosa.
Corrado Guzzanti spiega anche perché ha lavorato nel mondo dello spettacolo meno di quanto avrebbe voluto:
Ho fatto, di più, ma l’ho tenuto per me. Scrivo molto per me stesso (…) Ci sono personaggi che ho creato e sono andati a male. È passato il momento, qualcun altro ha avuto un’idea simile, capita. Per un secondo mi dico: guarda, se lo facevi…Passa subito. Mi sarebbe piaciuto fare più cinema, forse ho detto troppi no: a Pupi Avati, a Lina Wertmüller, ma erano sempre quelle parti, sai, adesso arriva lui e fa ridere. Camei.
Si definisce uno “Spettatore stanco” ed in tv osserva i dibattiti e le serie americane, lo definisce “studio antropologico”, il risultato è:
Che siamo nella fase dell’oblio. Ci governano degli sconosciuti. L’altra sera abbiamo fatto un gioco: chi è ministro dell’Interno? Che faccia ha quello agli Esteri? L’unica conosciuta è la Forleo…
Forleo sta per Fornero, forse il Ministro attualmente più conosciuto dagli italiani:
Vedi? Quella che ha pianto. La conosci perché ha fatto una cosa. Poi ci sono i giornalisti narcisisti, che adesso provano a fare satira pure loro. E c’è tutto questo dibattito senza verità. Uno dice: l’Istat afferma che la produzione è scesa del quattro per cento. L’altro gli risponde: no, guardi che è salita del due. Mai che il conduttore fermi tutti, tiri fuori le statistiche dell’Istat e faccia vedere: ecco, dice che la produzione è ferma.
Ed ecco cosa proporrebbe, se dovesse dar vita ad un nuovo personaggio:
Mi piacerebbe fare uno schizofrenico. Uno che dice: i provvedimenti presi erano necessari, sacrifici inevitabili per riconquistare la fiducia dell’Europa. Poi sbotta: Monti è un bastardo, mi ha rubato la pensione!