Eric è un vero golden boy: ricco, importante e di bell’aspetto, a soli 28 anni guida un impero economico. In una frenetica giornata newyorkese, il ragazzo è deciso ad attraversare la grande mela a bordo della sua limousine per raggiungere il suo parrucchiere di fiducia, dall’altra parte della città. Ma Manhattan è paralizzata da manifestazioni e clamorose rivolte mentre sullo sfondo emergono “ambigui” personaggi. Uno di loro ha una missione da portare a termine: vuole attentare la vita del giovane miliardario.
“Cosmopolis”, ultima lucida e folle opera cinematografica firmata David Cronenberg, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo libro realizzato dall’autore newyorkese Don DeLillo. Il regista canadese, reduce dal successo della pellicola “A Dangerous Method”, sorprende sin dalla scelta del cast, dove opta per il lanciatissimo Pattinson, spesso disprezzato dai critici per le interpretazioni vampiresche. L’attore londinese è affiancato da Juliette Binoche (“Il paziente inglese”, “Chocolat”), Sarah Gadon (“A Dangerous Method”), Paul Giamatti (“Le idi di Marzo”, “Rock of Ages”), Mathieu Amalric (“Pollo alle prugne”), Samantha Morton (“Accordi e disaccordi”) e Jay Baruchel (“Tropic Thunder”).
Giudizio sul film
Per diventare un ricco e potente miliardario a soli 28 anni hai bisogno di determinazione, volontà e assoluta riluttanza ai compromessi. Eric lo sa bene, è un vincente e non è abituato a rinunciare ai suoi propositi, anche se possono apparire dei capricci, come attraversare in lungo – e largo – New York solamente per un banale taglio di capelli, con la città paralizzata da una violenta ed estemporanea manifestazione a sfondo economico e in allerta per la prossima visita del Presidente degli Stati Uniti.
Nella 24 ore targata Cronenberg si rintracciano diversi elementi narrativi cari al regista canadese, dalle macchine (irrimediabilmente sfregiate) a forme di vita animale geneticamente mutate (giganteschi topi che ricorrono per buona parte del film) a sexy e disponbili donne, fino alla morte trattata – da sempre – con una ritualità del tutto personale e morbosa dal regista di “Videodrome”. La limousine di Eric si muove lentamente nel traffico come un gigantesco e ormai osboleto dinosauro che triste aspetta la sua inevitabile fine, conscio che la sua era è ormai giunta al termine. Quelle quattro ruote, con tanto di avvolgenti e morbidi divani in pelle nera e monitor con vista sui mercati internazionali, rappresentano una prigione dorata per il protagonista che osserva distaccato e incuriosito la folle giornata newyorkese.
Nel cinema di Cronenberg nulla appare scontato e la indecifrabilità delle sue opere è comunemente riconosciuta. Eppure, nella scelta di abnormi roditori che fanno da cornice al film, è difficile non riconoscere una metaforica rivolta contro il capitalismo esasperato. Sì, proprio loro i ratti fuoriusciti dalle fogne, dal basso, fianco a fianco con il popolo perché è proprio dai livelli più infimi che nasce la rivolta. Mentre Eric segue un percorso inverso: dall’alto verso il basso, dal lusso verso la povertà e la miseria fino a trovarsi in pericolose zone d’ombra con la macchina severamente danneggiata dal vandalismo di furiosi e decisi anarchici. Eppure il giovane yuppie sembra divertito, almeno inizialmente, e deciso ad andare incontro al suo destino (il sentore di un possibile attentato è nell’aria). In quella sensazione di invincibilità si nasconde una debolezza interiore. Lo spingersi oltre cela un bisogno interiore di “conoscenza”.
Commenti
L’abilità di Cronenberg risiede nella capacità di mettere in scena una odissea urbana, che partendo dal più banale e routinizzato gesto (un semplice taglio di capelli) coinvolge ben presto un sistema intero, una collettività esausta nella quale vige la legge del più forte, tra attentati in diretta televisiva, predicatori da tavola calda, acrobatici giochi sessuali in macchina e cecchini dal grilletto facile.
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