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The Cranberries: “Roses”. La recensione

I Cranberries sono tornati in una veste sicuramente più serena rispetto gli anni passati: durante la presentazione di “Roses“, la band ha voluto più volte sottolineare il fatto che l’esigenza di ritornare sulle scene ha seguito linee diverse rispetto al passato. Ormai tutti genitori, con una famiglia da gestire, i Cranberries si propongono in una veste dalle sfumature piacevoli ma a cui manca l’irruenza di alcune delle loro classiche canzoni; un esempio su tutti, proprio la famosissima “Zombie“. “Roses” risulta essere un disco dai suoni armoniosi ed equilibrati: il classico disco d’ascoltare in una serata di dopo-lavoro, durante un viaggio in automobile, in un momento di relax.

Undici tracce che vogliono cullare l’ascoltatore e donargli un prodotto sereno. I Cranberries non si sono modificati, assolutamente no: la voce di Dolores è intatta, gli arrangiamenti proposti non sono un mistero né una novità nella carriera della band, basta ascoltarsi i primi dischi della formazione. Semplicemente, i Cranberries sembrano aver trovato una loro personale culla musicale, limando gli aspetti più rock della loro produzione e puntando su canzoni immediate, su canzoni che possono soddisfare l’ascoltatore ma a cui, manca forse un pizzico di novità ma, soprattutto, di rock.

The Cranberries - "Roses"
The Cranberries - "Roses" | Artwork

Undici tracce che non vogliono stravolgere il panorama musicale attuale. Undici tracce che sembrano entrare in punta di piedi nella mente dell’ascoltatore e che, presumibilmente, dividerà i fan in due grandi gruppi: coloro che saranno contenti del ritorno di Dolores e soci e questo ritorno offuscherà le piccole critiche che si possono fare al disco e coloro che preferiranno ricordare ed ascoltare i Cranberries di anni fa.

Menzioniamo fra tutte le canzoni il singolo “Tomorrow” in perfetto stile Cranberries e il brano “Schizophrenic Playboy” che, probabilmente, è quello che più si discosta da tutti gli altri proposti in “Roses”. E’ un disco dedicato ai fan d’annata dei Cranberries che probabilmente ascolteranno l’album con un tranquillo piacere per questo ritorno ma, “Roses” non pretende di essere altro. Non è un disco che cambierà la carriera della band e non è il disco più rappresentativo della formazione. Se doveste consigliare un disco della band irlandese, partireste da “Roses”? No, non credo proprio.

Non è però un album da bocciare a priori: bisogna considerare il momento in cui la band si trova, bisogna considerare che, come più volte Dolores ha sottolineato, questo disco è in qualche modo dedicato ai loro figli, a quei figli che quando la band era fra le più importanti del panorama musicale, erano troppo piccoli per vivere l’esperienza sulla pelle.

Dopo una pausa durata dieci anni, il ritorno è positivo. Il ritorno è sufficiente ma non brilla sicuramente di una sfolgorante vita propria. Un disco che si può definire dolce e melodico con una abbondanza di archi a go go. Un disco che non deve assolutamente illudere l’ascoltatore dopo la traccia “Schizophrenic Playboys” posizionata circa a metà dell’album, forse per far alzare l’attenzione e dare un pochino di vitalità al prodotto. Un disco che si conclude proprio con “Roses” posizionata circa in perfetto equilibrio con “Tomorrow“, secondo brano nella tracklist. Il tutto risulta delicato e scorrevole, risulta un cerchio completo che sicuramente strappa la sufficienza ma, dai Cranberries, probabilmente ci si aspetta altro.

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