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Analisi crisi Roma, quali le colpe di Zeman?

La sconfitta per 4-1 allo Juventus Stadium ha stroncato definitivamente, almeno in questo avvio di campionato, le velleità della Roma di Zeman. La “caccia” ai responsabili, o peggio ancora ai colpevoli del tracollo è ufficialmente aperta: sul banco degli imputati figurano il tecnico boemo, la società e i giocatori , ma in che misura si ripartiscono gli oneri e le responsabilità?

Forse è importante premettere che incensare i successi e criticare aspramente alle prime difficoltà sono entrambi peccati di presunzione in cui spesso  incorre facilmente lo sportivo così come il tifoso; detto ciò, nello specifico caso dei giallorossi lo scintillante successo riportato qualche settimana fa a S.Siro con l’Inter è stato l’unico acuto di una squadra che  ha obbiettivamente stentato nelle altre sfide di campionato, mostrando probabilmente in queste partite il vero volto di una realtà ancora in costruzione e tutta da verificare sul piano della continuità e dell’affidabilità…un po’ come dire che una rondine non fa primavera!

La crisi Roma nei volti di Totti e De Rossi | © GABRIEL BOUYS/AFP/GettyImages
Smontati quindi i facili entusiasmi in cui spesso eccede il tifo giallorosso, non si può non notare come la nuova Roma zemaniana di inizio stagione non abbia sorpreso certo per la natura delle pecche evidenziate in campo, vale a dire amnesie difensive e scarsa solidità di squadra, nel più classico stile caro al boemo, che rimanendo ancorato alla sua visione del calcio in chiave spettacolare e poco concreta dimostra di non essersi adeguato al calcio moderno e nel complesso al calcio “efficace”, quello che non necessariamente incanta ma che porta a casa i risultati . Discutibile continua ad essere il ricorso ai giovani, maggiormente plasmabili da un tecnico come il boemo, perché mai come in serie A conta l’esperienza e l’affidabilità degli uomini che scendono in campo. Detto quanto concerne il campo e il calcio giocato, Zeman continua imperterrito nelle sue crociate contro il sistema, la Juventus, il doping e chissà cosa, e per quanto possa fare notizia, alla lunga può irritare e togliere importanza alla partita giocata, come se le sue battaglie, giuste o sbagliate che siano, contino più dei verdetti del rettangolo di gioco e dei risultati.

Relativamente alla rosa giallorossa, come detto prima il mix tra gioventù ed esperienza non è ancora equilibrato e in campo si sente: gli alti e i bassi di gioco espresso e di concentrazione esibita in campo dalla Roma sono il frutto dell’ inesperienza di tanti dei suoi interpreti, e ad oggi le cose buone mostrate dalla Roma sono inferiori alle lacune esibite, e non solo nella serataccia di Torino. Quanto alla dirigenza, e forse anche alla proprietà, avere costruito una squadra giovane già a partire dallo scorso anno, muovendosi così in un’ottica di lungo periodo, è sicuramente uno nota di merito, ma illudersi e illudere la piazza addirittura con pretese e mezzi proclami di tricolore è chiedere obiettivamente troppo. Analogamente parlare di acquisti forse non totalmente all’altezza dopo la sconfitta di Torino è come sconfessare malamente il progetto Zeman,  che avrà pur dato un’ impronta importante alla campagna acquisti,  ma che non difetta certo per coerenza e intransigenza: affidargli una panchina equivale a sapere a cosa si andrà incontro, nel bene e nel male, e forse tra i vantaggi di avere Zeman in panca c’è quello di avere un “parafulmine” che in caso di “temporale” regge bene gli urti, tutelando la squadra e mettendola al riparo dall’occhio del ciclone, permettendole di crescere con relativa tranquillità.

Non è un caso che sabato si sia presentato in conferenza stampa proprio De Rossi, non più un giovane di belle speranze, a smorzare ufficialmente a nome della squadra  e forse di tutto l’ambiente gli entusiasmi e a predicare umiltà e impegno per il futuro. Riepilogando quindi, uno sbilanciamento delle responsabilità nel contesto giallorosso spetta forse alla società, nella persona dei dirigenti piuttosto che della proprietà stessa, perché affidare una panchina al dogmatico Zeman e costruire una rosa secondo le sue aspettative, a meno che il boemo abbia cambiato visione del calcio (non ci risulta francamente!) tutto può regalare tranne che sorprese, nel bene e nel male; le “oscillazioni” d’umore della piazza giallorossa, quantomai instabile e poco rasserenante, sono poi un dato ormai di fatto che probabilmente nel complesso penalizzano più che sostenere la squadra e i risultati: infatti l’ultimo scudetto capitolino, competizione dove la continuità e la stabilità di squadra sono tutto,  è giunto sotto la guida di Fabio Capello, il meno “romano “ di tutti gli allenatori. Non sarà stato un caso….

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Giovanni Paticchia
Giovanni Paticchia
Giovanni Paticchia è laureato in Economia e Dottore Commercialista. Appassionato di calcio, si diletta grazie a Ilpallonaro.com nella scrittura di articoli sportivi.
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