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Diario di un tifoso a NY: Knicks-Lakers

Il sogno di una vita si realizza finalmente posso approdare nella Grande Mela, in una delle culle dello sport americano, in una delle culle della storia dell’ Nba: New York.

Arrivo in fronte al Madison Square Garden e appena entrato  comincio a pensare a quanti grandi atleti sono passati da qui,  penso alla mia infanzia vedendo Jordan e Ewing affrontarsi  davanti ai più esigenti tifosi della Lega, penso a questo a mille altre cose ma oggi è un grande giorno oggi è Knicks contro i Lakers, due squadre che sono la storia di questo sport. Oggi è Carmelo Anthony contro Kobe Bryant.

Il numero 24 è il vero motivo di questa partita, si perché questa stagione sarà l’ultima per uno dei più grandi campioni che i parquet di tutto il mondo abbiano mai visto, in un grande tour di celebrazioni che il 5 volte campione Nba andrà a compiere in tutte le 82 partite di questa stagione.

La gente è qui soprattutto per lui, le casacche con il 24 si sprecano in tribuna e ogni tanto spunta una numero 8 che sa molto di vintage ma la partita è anche molto altro. Innanzitutto la presentazione qualcosa di spettacolare, il parquet si trasforma diventando un grande schermo multi colore dal quale spuntano i starting five della squadra di casa, il capo da gioco si illumina di laser e mille altre luci e noi spettatori in tribuna possiamo solamente applaudire a bocca aperta. Il pubblico si scalda per Anthony ma soprattutto per quello che sta diventando uno dei nomi più caldi di questo inizio stagione: Kristaps Porziņģis. Il giocatore lituano arrivato con un po’ di scetticismo dopo la  criticatissima scelta da parte della dirigenza di Phil Jackson durante l’ultimo draft, sta conquistando sempre più tifosi grazie ad un ottima mano dalla distanza e una buona autorità sotto canestro che lo hanno fatto diventare dopo la Summer League subito titolare nel quintetto del buon Derek Fischer.

I Lakers, invece, schierano tanti ragazzi interessanti sui quali peserà il futuro della franchigia come ad esempio D’Angelo, Randle e Clarkson. Ma per loro non è ancora il momento di essere gli uomini copertina per adesso la qualità in campo la portano sempre i vecchietti in giallo blu Bryant e un Metta World Peace in versione senatore che gestisce i ragazzi con esperienza e una inaspettata tranquillità.

Kobe gioca i primi due tempi con una maglietta viola sotto la casacca ma finalmente al inizio del terzo quarto rispunta la fascetta sul bicipite e sembra tutto come una volta,mentre il pubblico della Grande Mela lo fischia e cerca di farlo innervosire. Spike Lee fa il suo consueto show dalla prima fila del Madison, memore di partite in cui Kobe a casa dei Knicks distruggeva letteralmente il canestro da ogni posizione. Purtroppo i segni di infortuni e un po’ di ruggine addosso dopo le tante partite saltate nelle ultime due stagioni si fanno sentire ma ogni volta che ha la palla tra le mani succede qualcosa di magico. Lo guardi e sai che uno cosi non passerà più è come vedere Ronaldo negli ultimi anni di carriera, sai che non è piu quello di prima, sai che non vincerà più niente ma sei anche consapevole del fatto che stai ammirando un giocatore che ha qualcosa di unico dentro di se. Si perché Kobe non sarà stato il più forte ma in questo sport un “agonista” come lui faccio fatica a ricordarlo. Ha sempre cercato di essere come Jordan, negli atteggiamenti, nella gestualità e nella voglia di vincere. Kobe si è fermato ad un titolo dal più grande di tutti ma tutto questo non ha importanza, come non ha importanza pensare a quanti tiri prende in una partita e a quanto poco passi quel pallone; quando la partita si fa calda lui mette gli occhi del Black Mamba (soprannome che si è autoassegnato) e per la preda c’è poco da fare.

Anthony capisce la magia che c’è nell’aria e dopo qualche minuto di assestamento comincia a salire di giri un canestro dopo l’altro, ma soprattutto in difesa mostra qualcosa di non usuale per lui. Il numero 7 di NY non è mai stato un gran difensore o meglio non lo è mai voluto essere, per non sprecare energie preziose nella fase offensiva. Invece contro Kobe sfoggia una difesa da finale di playoff i due si scontrano, si intrecciano e non si lasciano un centimetro di spazio libero; un grande scontro tra due grandi giocatori ma soprattutto un riconoscimento di grandezza da parte di Carmelo verso uno dei più prolifici realizzatori di sempre.

 

LOS ANGELES, CA - DECEMBER 29: Carmelo Anthony #7 of the New York Knicks and Kobe Bryant #24 of the Los Angeles Lakers talk during the first half at Staples Center on December 29, 2011 in Los Angeles, California. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement. (Photo by Jeff Gross/Getty Images)

Uno scontro che si conclude solamente all’ultima sirena quando i due si stringono in un lungo abbraccio circondato da tutto il pubblico newyorchese che si alza in piedi consapevole che probabilmente Kobe non passerà più da queste parti e che uno come lui nasce ogni 100 anni.

Per la cronaca la partita la vince New York ma IT DOESN’T MATTER.

Lasciamo il Madison con ancora gli occhi pieni di magia ma il nostro sogno non è finito qua tra qualche giorno si va a Brooklyn, fermata metro Barclays Center per Nets- Celtics.

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