Il Maresciallo Remo Signorelli (Maurizio Mattioli) e il Brigadiere (Riccardo Riva) vengono inviati dal comando della Guardia di Finanza a Poltu Quatu, un centro turistico della Sardegna dove si sospetta si verifichino diverse attività illecite tra evasioni ed esportazioni di grosse somme di denaro all’estero. Giunto sul posto Remo incontra il vecchio amico Fulvio che, circa trent’anni prima, sembrerebbe aver avuto una relazione prematrimoniale con la futura moglie del Maresciallo. Fulvio è uno degli evasori del posto ma ben presto si scoprirà essere un pesce piccolo rispetto ad altre figure, come quel Maurizio Grilli commercialista romano capace di gestire milioni di euro senza lasciare tracce grazie a un aiutante un po’ tonto ma dalla incredibile memoria.
“E io non pago” non è tratto da una storia vera ma si ispira alla situazione verificatasi in Italia in seguito ai famosi blitz del Governo Monti. Abbandonati i cinepanettoni gli autori nostrani stanno evidentemente cercando di battere altre strade alla ricerca di storie più aderenti alla realtà attuale italiana. Il risultato è piuttosto scadente con un happy end finale che ben poco ci commuove. All’inizio stupisce, e non poco, il ruolo assegnato a Maurizio Mattioli, improbabile Maresciallo della Finanza, lui così abituato a personaggi guasconi, goliardici e spesso disonesti. Evidentemente la divisa va, però, stretta all’attore romano che appare decisamente sottotono. Convince sicuramente più Enzo Salvi nel ruolo del “cattivo al tempo della crisi” capace di sovvertire le regole implicite del ricatto riprendendo un onorevole con una prostituta per poi minacciare della diffusione del filmato quest’ultima anziché il politico.
Jerry Calà interpreta invece il proprietario di un locale della zona, piuttosto odioso e arrogante che nel finale ci regala il rovescio della medaglia dell’evasione con – e anche questa è una verità – un soliloquio sulle difficoltà economiche che comporta una gestione imprenditoriale assolutamente in linea con la legge.
La pellicola purtroppo non passerà certo alla storia anche perché si poteva rappresentare l’argomento in questione con più attenzione connotandolo di un sarcasmo graffiante invece assente. Assolutamente da dimenticare la presenza di Valeria Marini nei panni della misteriosa fattucchiera e il ritratto stereotipato (e decisamente fastidioso) del pastore sardo evasore che nasconde i suoi averi in forme – modificate – di pecorino.
Mediocre
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