“Elysium” è la nuova opera fantascientifica del talentuoso e visionario regista sudafricano Neill Blomkamp che con il suo “District 9”, pellicola nominata agli Oscar nella categoria Miglior film, riuscì nell’impresa di coniugare storia – Apartheid – con la fantascienza pura dove si collocano quelle opere letterarie e cinematografiche nelle quali vengono narrate storie “extraterrestri”.
Ancora una volta Blomkamp sceglie il mezzo cinema per raccontare una storia che gira intorno alle divisioni sociali, là dove prima erano protagonisti gli alieni ghettizzati – nell’ormai celebre distretto – dagli umani, oggi troviamo una distinzione di classi più attinente alla storia recente – e sicuramente futura – della terra.
Trama
In “Elysium”, stazione spaziale simile a una futuristica Beverly Hills, con tanto di verdeggianti giardini, gigantesche piscine e un sistema di Governo piuttosto autoritario dove spicca il Segretario Delacourt (Jodie Foster), vivono i ricchi della Terra, coloro che hanno potuto abbandonare l’ormai disastrato Pianeta ridotto a una immensa discarica dove l’aria è irrespirabile e i residenti vivono in baraccopoli che abbandonano solo per dedicarsi a turni massacranti in fabbriche che fanno molto “Tempi Moderni”. Tra la popolazione vessata impoverita e malata vive Max, un operaio, con un passato da ladruncolo, che a causa di un incidente in fabbrica è costretto a raggiungere Elysium, dove i benestanti possono fruire di cure miracolose grazie a una futuristica capsula capace di guarire qualsiasi male.
Giudizio
Colpisce immediatamente il crudo realismo delle immagini, Blomkamp evidentemente poco propenso a scendere a compromessi sceglie una location reale spostandosi in una vera discarica di Città del Messico, trasformata in una distopica Los Angeles e agli antipodi con la luccicante Elysium dove il dominante grigio terrestre viene sostituito dal verde della natura. Non si può respirare, eppure con eccezionale maestria il regista sudafricano riesce a creare un effetto visivo talmente realistico che ci porta a voler volontariamente trattenere il respiro tra le macerie losangeline per respirare, invece, a polmoni aperti nella rassicurante stazione spaziale. E proprio l’ambientazione il piatto forte del pranzo servito da Blomkamp che è attento nell’addobbare la tavola, propone un antipasto ben guarnito e corposo ma sembra dedicare poca attenzione alla prima portata, come se avesse già giudicato sazio l’avventore/spettatore. Ed è un peccato. Una volta entrata nel vivo la lotta di classe con tanto di immigrazione selvaggia verso le incontaminate “coste” di Elysium, sconvolgente se rapportata alla cronaca reale soprattutto nostrana, la pellicola perde di smalto e tra un omaggio a “Terminator” e a “Robocop”, dimentica la denuncia sociale per incanalarsi in una dimensione forse più aderente al genere ma allo stesso tempo meno intrigante, condendo il tutto – ritornando alla metafora culinaria – con una abbozzata storia d’amore tra il protagonista e Frey (Alice Braga), una infermiera con a carico una figlia gravemente malata e un interminabile corpo a corpo – con tanto di esoscheletro – tra Max e Kruger (Sharlto Copley), una sorta di mercenario al servizio del Segretario Delacourt.
Un ottimo assaggio ma la pancia non è piena
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