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Enola Holmes, la recensione del film con Millie Bobby Brown

Enola Holmes” è un film di Harry Bradbeer basato sui romanzi “The Enola Holmes Mysteries” di Nancy Springer. È disponibile in streaming su Netflix, con tanto di super cast composto da Henry Cavill, Sam Claflin ed Helena Bonham Carter.

Enola è cresciuta insieme alla madre Eudoria mentre i suoi fratelli, Sherlock e Mycroft, si sono allontanati da tempo dalle loro vite. Eudoria scompare misteriosamente e la giovanissima Enola decide di mettersi alla ricerca della madre, sfoggiando le sue doti da detective e dimostrando di non avere nulla da invidiare al suo fratello più celebre. Durante le sue avventure in cerca della madre, Enola si imbatterà anche nel giovane Lord Tewkesbury in fuga da casa, interpretato da Louis Partridge.

C’è davvero bisogno di Enola Holmes?

L’Inghilterra vittoriana, il linguaggio dei fiori, abiti scomodi ma d’impatto: tutto molto bello, tutto già visto, qui forzatamente raccontato in chiave femminista. Millie Bobby Brown è una piacevole scoperta per chi non la conosceva e una bella sorpresa per i fan di “Stranger Things”, che l’hanno conosciuta tramite il personaggio di Eleven. Non è azzeccatissima l’idea di farla parlare continuamente con lo spettatore, anche questo è un escamotage visto e stravisto (e la resa è ben lontana da quella del buon vecchio Kevin Spacey di “House of Cards”).

Enola Holmes” è un film godibile ma non troppo: due ore è una durata eccessiva, considerata la trama particolarmente banale e prevedibile della storia. Dettaglio, questo, che potrebbe avere poco conto se si considera che è un film nato per un pubblico adolescenziale e per questo motivo con intenti più leggeri e scherzosi. Anche quelli, però, si perdono per strada dopo un’illusoria partenza che sembra promettere bene. La seconda parte del film rallenta e annoia e non si può fare a meno di chiedersi quando finirà, visto il finale particolarmente prevedibile.

Rivolgersi a questo tipo di pubblico non giustifica il dover dare vita a una trama più banale o a messaggi fin troppo alleggeriti del loro contenuto. A maggior ragione, anzi, il loro contenuto dovrebbe essere messo in risalto senza mai rischiare di trasformarlo in un luogo comune o in una frasetta sintetizzabile in un biscotto della fortuna dal tocco hipster.



Originalità, questa sconosciuta

Non si può inventare un personaggio nuovo, stare al passo coi tempi senza dover rivisitare spasmodicamente il passato? L’intento è più che apprezzabile, è importante che le donne di oggi e, visto il target a cui il film si rivolge, quelle di domani sappiano di potersela cavare da sole, che sappiano di avere il loro destino in mano e di poter essere tutto quello che sognano di essere, ma c’era davvero bisogno di andare a scomodare la famiglia Holmes? Tra tutti i personaggi, quello di Sherlock Holmes è tra i più rivisitati e riproposti di sempre. Gli eredi di Sir Arthur Conan Doyle, manco a dirlo, non hanno apprezzato. Oltre che fisicamente, lo Sherlock impersonato da Henry Cavill non è assolutamente credibile – e non per colpa dell’attore. Un tossicodipendente anaffettivo che improvvisamente diventa empatico e premuroso, totalmente a favore di trama? Impossibile, meglio andare a pescare altrove. E Mycroft, che ha il volto di Sam Claflin, è il solito Mycroft antipatico, anche il suo personaggio è ri-scritto in modo piuttosto superficiale ma è forse quello che coincide un po’ di più con la versione originale. Un altro personaggio che non cambia poi molto rispetto a tutti i personaggi che lei ha interpretato nell’ultimo ventennio, è quello di Helena Bonham Carter. Vittoriana, un po’ svalvolata, sempre spettinata, qui femminista ante-litteram, non capita perché visionaria, ma caparbia abbastanza da lasciare grandi insegnamenti alla figlia, rendendola indipendente, e così coraggiosa da decidere di lasciarla sola ad intraprendere il suo percorso.

Ce ne siamo accorti da un pezzo: il politicamente corretto a tutti i costi e a dosi eccessive sta distruggendo tutti i film e le serie tv, ormai intrisi di forzature. Si può parlare di femminismo e fare femminismo senza essere scontati. “Enola Holmes” aveva un potenziale che è andato inevitabilmente sprecato a colpi di frasi femministe a prova di tweet. Frasette motivazionali buttate qua e là nella sceneggiatura per ricordare alle ragazzine di avere il potere; un messaggio che di per sé sarebbe forte, ma che invece rischia costantemente di essere sminuito e banalizzato. Ovviamente non c’è un principe azzurro che debba salvare Enola, semmai il contrario. Nonostante questo, per fortuna la figura maschile non viene completamente demonizzata, come invece rischia di accadere spesso, finendo per estremizzare il messaggio di fondo.

Per quanto riguarda le indagini, siamo lontanissimi dal mondo di Sir Arthur Conan Doyle e, visto che è da lì che si attinge, forse un po’ più di attenzione legata a questo aspetto non avrebbe fatto male. La riprova di come spesso sia meglio creare qualcosa di nuovo, piuttosto che andare a scomodare dei mostri sacri per poi scoprire (senza nemmeno troppa sorpresa) di non essere all’altezza. Confidiamo nel secondo capitolo che arriverà, scontato come il finale di questo primo film.

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Un'occasione sprecata - Un adattamento intriso di femminismo forzato.

PANORAMICA RECENSIONE

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