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Fall Out Boy: “M A N I A”. La recensione

Era uno dei dischi più attesi di tutto il 2017 e alla fine è stato pubblicato nel 2018: parliamo di “M A N I A“, settimo album dei Fall Out Boy, il seguito di “American Beauty/American Psycho“, disco d’oro in Canada e Regno Unito e disco di platino negli Stati Uniti.

Questo disco, pubblicato dalla Island Records e DCD2 e che vede le partecipazioni di Steve Aoki e Lupe Fiasco, ha visto la band lavorare in maniera differente dal solito: d’altronde la formazione di Patrick Stump (voce, chitarra ritmica), Joe Trohman (chitarra solista, cori), Peter Wentz (basso, voce secondaria) e Andrew Hurley (batteria, percussioni, cori) nel 2009 ha rischiato seriamente di sparire e solo il lavoro di Stump e Wentz ha permesso che il gruppo risorgesse dalle ceneri dell’emo-punk e prendesse strade diverse.

Questo disco si propone come la sintesi di un lavoro nato anni fa e sublimato in dieci tracce: “M A N I A” ha l’arduo compito di mostrare come la situazione della band dell’Illinois si sia stabilizzata e come la vena artistica del gruppo sia maturata rispetto agli esordi (cito “Dance, Dance” solo per fare un esempio). Ma il risultato non sempre è apprezzabile.

Capiamoci, un disco che su dieci tracce ne lancia ben 6 come singoli non deve essere assolutamente male, soprattutto a livello di vendita (e lo dimostrano : d’altronde, se i quattro ragazzi di Chicago hanno superato il milione di copie vendute con il precedente “American Beauty/American Psycho” vuol dire che qualcosa lo sanno fare davvero. Il punto è che “M A N I A” non si capisce bene dove vuole andare a parare perchè le tracce vanno in troppe direzioni diverse.

Questo si rende subito chiaro se analizziamo il disco traccia per traccia (a proposito, al momento del rilascio iniziale a diversi rivenditori di musica digitale, l’ordine dell’elenco di brani era errato e la band in seguito ha confermato che l’elenco dei brani sui rilasci fisici era corretto): la prima è proprio il primo singolo, “Young and Menace” e mostra come la band americana stia amando sempre di più le tastiere rispetto al passato e come si sia affidata all’elettronica maggiormente in questo lavoro. Con “Champion” il gruppo ricorre alla collaudatissima formula strofa piano/ritornello forte e si torna sui passi del disco precedente e la canzone scorre piacevolmente, ma con “Stay Frosty Royal Milk Tea” il disco incrocia la EDM e cominciano i primi dubbi.

Fall Out Boy – “M A N I A” – Cover

Hold Me Tight Or Don’t” somiglia da troppo all’inizio a un pezzo dei Panic! At The Disco o a “Shape of you” di Ed Sheeran, ma la situazione rapidamente migliora con “The Last Of The Real Ones“, secondo singolo che mostra un pop rock energetico e che i FOB sanno ancora fare del rock, se serve, il tutto accompagnato da un video molto particolare. “Wilson (Expensive Mistakes)” è invece una raccolta si stereotipi emo e il video del brano è una sorta di gigantesco meme dove, sotto forma di televendita, si mostrano tutti l’oggettistica che ha reso famosa la band.

A questo punto il disco ha una svolta ecclesiastica, quasi alla Skillet: “Church” è una canzone d’amore che mescola rock, gospel, un organo a canne e batteria elettronica (cosa volere di più?) mentre “Heaven’s Gate“, forse la traccia migliore del disco, è una ballata romantica r’n’b retrò alla Etta James, molto diversa dagli altri pezzi e che si stacca nettamente dal resto in maniera molto piacevole. Peccato che il disco dopo precipiti verso “Sunshine Riptide“, una canzone raggamuffin in cui c’è ospite Burna Boy, rapper reggae-dancehall, e che non si capisce bene che ci faccia in questo disco: l’ultimo brano è “Bishop’s Knife Trick“, canzone con un chiaro riferimento nel titolo al film Aliens che non riesce ad affrancarsi dal resto del disco e anzi lo chiude in maniera un poco malinconica.

Parlando del disco, non si riesce a capire “M A N I A” dove voglia andare a parare e una delle possibili opzioni è che sia solo un’operazione commerciale, avvalorata dal fatto che un paio di mesi prima della pubblicazione i Fall Out Boy avevano comprato il dominio internet “Is Mania ready yet?” e vi avevano pubblicato una pagina che riportava semplicemente le parole “no/yes” attraverso cui i fan potevano seguire lo sviluppo dell’album. Il pubblicare un singolo al mese prima della pubblicazione ufficiale del disco ha come un poco svilito il valore musicale dello stesso e dopo l’ascolto il risultato non cambia: questa ultima fatica dei Fall Out Boy vede la voglia di rivisitare le sonorità degli esordi sperimentando però troppo e svuotando le canzoni di un senso vero e proprio. Unica nota positiva il sound molto variegato e alcune canzoni veramente d’effetto (“Young and menace” e “Heaven’s Gate” su tutti). Ma è troppo poco per una band che sta da quindici anni sulle scene.

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Questa ultima fatica dei Fall Out Boy vede la voglia di rivisitare le sonorità degli esordi sperimentando però troppo e svuotando le canzoni di un senso vero e proprio.

PANORAMICA RECENSIONE

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