Ieri si è aperto ufficialmente il Florence Queer Festival ed abbiamo assistito alla serata d’apertura con la performance di burlesque e dark cabaret di Sylvie Bovary, ma in questo caso parleremo di “Born this way“, un’importante testimonianza sulla vita della comunità omosessuale in Camerun.
Il film è stato presentato da Valentina Pagliai del Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Rights-Europe, un’organizzazione molto importante nella tutela dei diritti umani che si occupa di sensibilizzare anche i più giovani sul tema dell’omosessualità, ancora tabù, per molti aspetti, nel nostro Paese. Dopo la visione di “Born this way” non si può fare a meno di riflettere e pensare che rispetto a molti altri Paesi l’Italia ha compiuto qualche passo in avanti ma non è ancora abbastanza e non tutti hanno uguali diritti e, soprattutto, la comunità LGBTQI non è stata ancora completamente accettata e assorbita nella nostra società “avanzata”.
“Born this way” è diretto da Shaun Kadlec e Deb Tullmann e racconta la vita degli omosessuali in Camerun attraverso le storie di due protagonisti principali, Cédric e Gertrude, i quali vivono attivamente nella comunità ma non hanno ancora ammesso totalmente la loro omosessualità. In Camerun, infatti, esiste una legge che costa fino a cinque anni di carcere a chi è omosessuale e c’è in corso una proposta di legge che intende estendere la pena fino a quindici anni: la libertà di esprimere il proprio orientamento sessuale è praticamente annullata. Eppure nonostante questa realtà così difficile e dura da affrontare, ci sono molti ragazzi che ogni giorno si danno da fare e si battono per i loro diritti. Gertrude lavora in un centro di accoglienza per gay e lesbiche, in cui si fa anche prevenzione contro l’AIDS, Cédric sogna la libertà ma sa di non poter confessare la sua vera identità alla madre, che ne soffrirebbe troppo. Vive le giornate con la paura di essere picchiato fino a morire, ascolta Rihanna e Lady Gaga, che per lui è una fonte d’ispirazione perché incita i suoi fan ad essere se stessi, senza alcuna paura.
Facile a dirsi, ma difficile poi nella realtà: basta vedere cos’è successo alle due ragazze di Ambam, arrestate solo perché vestite in maniera diversa e per questo etichettate come lesbiche e meritevoli di andare in carcere. In questa realtà fatta di paura, repressione e violenza, c’è uno spiraglio di speranza grazie all’attivismo di Alice Nkom, un avvocato molto famoso che si occupa di difendere i diritti degli omosessuali ormai da decenni e che ha voluto occuparsi anche delle due ragazze di Ambam, portandole via dalla città per evitare guai. E’ lì che le loro vite si incontrano con quelle di Gertrude e Cédric, che dal poco che hanno cercano di dare vita ad una bolla in cui possono vivere liberamente la loro identità. Le due donne, dapprima intimorite, trovano piacevole un ambiente che non è più ostile e che è finalmente capace di accettarle per quello che sono.
E’ quasi impossibile immaginare l’inferno quotidiano di questi ragazzi che non possono essere liberi di vivere la loro vita in totale libertà, ma “Born this way” è un’importante testimonianza e consiglio vivamente di vederlo, perché ci fa riflettere non solo su realtà che crediamo distanti da noi, ma anche su quella che ci circonda e sull’importanza di rendere ogni persona libera di essere se stessa, senza più paure.