Quando Britney Spears è diventata famosa a livello internazionale era poco più che una bambina. La lolita del pop, così la chiamavano, mentre ammiccava sulle note di “…Baby one more time”. Britney Spears ha continuato a mietere successi, vendere milioni di dischi e incassare milioni di dollari: una macchina da soldi, soprattutto per la gioia del padre. “Un giorno mia figlia diventerà così ricca che mi comprerà una barca” disse Jamie Spears in uno dei suoi primi viaggi a New York insieme a Britney. Lei era una bambina quando il suo talento è stato notato e, dal coro della chiesa di un piccolo paesino conservatore del Mississippi, si è ritrovata catapultata sotto i riflettori. Dal Mickey Mouse Club ai centri commerciali e poi, all’improvviso, alle copertine di tutto il mondo, programmi televisivi, merchandising, fan impazziti, storie vere, storie false, paparazzi ovunque, sempre, a tutte le ore. Ogni aspetto della sua vita sotto la lente d’ingrandimento: “sei vergine?”, “hai un fidanzato?”, “perché hai fatto soffrire Justin Timberlake?”. Nell’epoca delle boyband (e Britney Spears, infatti, apriva i concerti degli ‘N Sync), la Spears era un’anomalia del/nel sistema.
Un sistema che l’ha divorata, come hanno fatto tutti coloro che aveva intorno, a partire dalla persona di cui dovresti fidarti di più: tuo padre. In “Framing Britney Spears” il ruolo di Jamie Spears viene osservato più da vicino solo nella parte finale del documentario. Come nella vita della popstar stessa, in realtà suo padre è stato assente per un lungo periodo (in cui ha avuto sia problemi di alcolismo che finanziari), fino al momento della conservatorship, la tutela legale. Tutela che, per un certo periodo di tempo, è stata necessaria e anche una salvezza, ha permesso alla cantante di non perdere definitivamente i contatti con i figli. Ma è anche quella da cui Britney Spears tenta di liberarsi da tempo – ha chiesto di riassegnarla, purché non sia affidata a suo padre – e che ha scatenato il movimento #freebritney. Il movimento è nato nei mesi scorsi ed è esploso soprattutto dopo la diffusione di un podcast che parlava di alcuni messaggi con richieste di aiuto che si presumeva Britney Spears tentasse di inviare tramite i suoi social. Jamie Spears, il padre, l’ha etichettato come “una teoria cospirazionista” e, a leggere, qualcuno poteva tranquillamente pensare che si trattasse solo di fan eccessivamente sfegatati. A mettere insieme i tasselli, come raccontano loro stessi, ciò che veniva fuori, però, era una realtà sempre più inquietante. Britney Spears da anni vive secondo regole che le vengono imposte, in ogni aspetto della sua vita. Ha deciso che finché non verrà tolta la conservatorship al padre, non ha alcuna intenzione di esibirsi. E si tratta di un’enorme privazione, per una persona che, paradossalmente, è libera solo nel lasso di tempo in cui può sfogarsi sul palco, esprimendo la sua arte.
“Framing Britney Spears” porta avanti anche il tentativo di rileggere in chiave attuale dei fatti che sono accaduti oltre vent’anni fa, in un contesto culturale decisamente diverso. È bene che si cambi l’intero sistema e il modo di guardare ai personaggi pubblici e che si affrontino tematiche di enorme importanza, come la salute mentale. C’è sempre da imparare dal passato, affinché quello che è successo a personaggi come Britney Spears non accada ad altri – e purtroppo sta ancora accadendo. Una polemica che risulta forzata, almeno in parte, è forse proprio quella su Justin Timberlake. Allora la sua storia con Spears era su tutti i tabloid e faceva sognare i fan di tutto il mondo. Il cantante viene accusato di aver approfittato della sua posizione (“come se lui fosse il quarterback e lei la p*****a della scuola”) per scagliarsi contro l’ex fidanzata, vendicandosi dei tradimenti con la canzone “Cry me a river” e il suo celeberrimo video. Più che un attacco sessista, sembra la risposta (discutibile) dopo la chiusura di una storia, com’è accaduto decine e decine di altre volte in ambito musicale. Se però fosse vietato sfogarsi dopo la fine di una relazione, oggi nessuno potrebbe ascoltare Taylor Swift. Semmai, la parte peggiore e per cui Timberlake dovrebbe scusarsi, è l’intervista radiofonica di pessimo gusto che rilasciò, ridendo e dicendo di aver fatto sesso con la Spears – che allora continuava a dire di voler aspettare il matrimonio, come se poi fosse una questione di interesse pubblico.
Come se tutto questo non bastasse, una delle parti più dolorose di “Framing Britney Spears” è l’accanimento mediatico, che viene mostrato senza possibilità di prendere fiato. Britney assalita dai paparazzi, spaventata e confusa, Britney sommersa di domande e accuse, senza diritto alla privacy, travolta dal gossip e divorata dal suo stesso personaggio. Britney Spears che nel 2007, ormai esausta, si rade i capelli a zero e diventa lo spunto per battute di programmi televisivi, viene derisa e presa in giro con totale insensibilità, come se fosse priva di sentimenti e senza che nessuno si chieda, con reale intenzione, cosa le stia succedendo davvero. Cos’è successo alla donna che ha preso un ombrello per spaccare il vetro della macchina di un paparazzo? Britney Spears è finita in riabilitazione più volte, le è stata tolta la custodia dei figli avuti da Kevin Federline. La sua vita ha continuato ad essere al centro di un gossip ingordo, noncurante dell’essere umano, così com’è sempre stato. Emblematica, in questo, è la figura di Perez Hilton che appare per pochi, ma sufficienti, secondi: “Più lei si comporta male, più io ci guadagno”. Il succo è proprio questo. I paparazzi dicono di non aver capito, perché inizialmente sembrava che la cosa facesse gioco anche a lei. Sorrideva, salutava, poi boom, è esplosa. A rivedere certe interviste, però, si vede chiaramente una giovane donna soffrire, che si sente incompresa e usata e non ha nessuno che sia davvero disposto ad ascoltarla. Come ogni popstar – e non solo – anche il suo corpo ne ha risentito ed è stato sovraesposto. Questa tematica, in altri contesti, è stata affrontata da numerose altre colleghe, da Christina Aguilera (da sempre rappresentata come sua rivale) costretta a non mangiare per rimanere magra, passando per Demi Lovato e Miley Cyrus. L’eccessiva sessualizzazione, soprattutto considerata l’età, e la pretesa che il personaggio sia un diletto ma anche un punto di riferimento. Come la Miley scandalosa che abbandona il personaggio di Hannah Montana, come la giovane Lolita che tradisce il fidanzato e, si scopre, non ha aspettato il matrimonio prima di perdere la verginità: “ma io non sono qui per badare ai vostri figli”, risponde Britney Spears, prima di scoppiare in lacrime.
“Framing Britney Spears” raccoglie le testimonianze di alcune persone che hanno lavorato al fianco della cantante, nel corso del tempo. Non racconta morbosamente ogni singolo passaggio della sua vita, non si accanisce sugli aspetti clinici e non cade mai nel sensazionalistico ma fa un quadro – come da titolo – di come si sia arrivati alla situazione in cui è oggi, sperando di riuscire a contribuire a restituirle la libertà che le è stata tolta. Felicia Culotta, la donna che per lungo tempo è stata l’assistente personale di Britney Spears, è sicura che un giorno lei finalmente parlerà, racconterà la sua storia. La famiglia della cantante, contattata dal New York Times per eventuali dichiarazioni, non ha preso parte al documentario. Con il movimento #freebritney e ora “Framing Britney Spears”, le cose potrebbero cambiare ancora più velocemente. Per adesso, la tutela è ancora a carico di Jamie Spears, mentre lei cerca di mandare messaggi positivi – a se stessa e ai fan – dal suo account Instagram, rinchiusa nella sua gabbia dorata. La produzione ha provato a contattare la stessa Britney ma, si legge, non è chiaro se il messaggio le sia mai arrivato.