C’è ancora oggi chi nega l’esistenza dell’orrore dei campi di concentramento, il cui emblema è diventato quello di Auschwitz, ma non si possono chiudere gli occhi di fronte a quella che è un’innegabile realtà. I grandi errori della storia devono servire da monito per le generazioni a venire, ecco perché dal 1945 ad oggi si è sempre ricordato tutto quello che è accaduto, il genocidio nazista, la Shoah.
In ambito cinematografico, questi orrori sono stati denunciati moltissime volte nel corso degli anni, con testimonianze vere o romanzate, ed il 27 gennaio è stata istituita la Giornata della Memoria, un giorno simbolico per ricordare gli eventi passati, che però non devono essere dimenticati durante il resto dell’anno. Ecco una carrellata di film da vedere, per chi volesse documentarsi meglio o rivivere le sensazioni suscitate dai grandi capolavori, per comprendere meglio l’accaduto. Le opere sono così tante che sembra quasi impossibile riuscire a vederle tutte, ma la cosa davvero importante è non fingere indifferenza davanti agli atti terribili che l’uomo ha commesso. A modo nostro, oggi, è così che vogliamo rendere omaggio a tutte le vittime di questa barbarie, uomini privati della loro libertà.
Schindler’s List
Iniziamo con quello che forse è il più grande capolavoro della storia del cinema per quanto riguarda questa tematica. Steven Spielberg nel 1993 regalava al mondo “Schindler’s List“, vincitore di numerosi premi Oscar, tra cui miglior regia e miglior film. Il protagonista della storia è Oskar Schindler, interpretato da Liam Neeson, imprenditore tedesco che decide di strappare gli ebrei ai campi di lavoro impiegandoli nella sua fabbrica. Indimenticabile è la frase “Chiunque salva una vita, salva il mondo intero“, divenuta una delle più celebri citazioni cinematografiche. La storia è tratta dal romanzo di Thomas Keneally, peraltro il film ha la particolarità di essere girato in bianco e nero, fatta eccezione per alcune scene, tra le quali spicca e rimane impressa nella memoria quella di una bambina che indossa un cappottino rosso.
Train de Vie
Alla regia di questo altro capolavoro troviamo il rumeno Radu Mihăileanu, noto proprio per questo lavoro, uscito nel 1998, che in Italia conosciamo come “Un treno per vivere“. Il regista ha affrontato l’argomento in maniera piuttosto inedita rispetto alla media dei lavori a riguardo, utilizzando uno stile più comico e grottesco piuttosto che drammatico, offrendo nuova luce ad un argomento così forte. La storia, peraltro, tocca Radu Mihăileanu da vicino, suo padre infatti era un ebreo rumeno che dovette cambiare nome dopo essere fuggito da un campo di concentramento. La storia di “Un treno per vivere” ha come protagonista Shlomo, che per sfuggire alle deportazioni naziste organizza un finto treno carico di presunti prigionieri in modo tale da passare il confine senza destare troppi sospetti ed arrivare in Palestina.
La vita è bella
Considerato erede diretto di “Train de vie”, “La vita è bella” è senza alcun dubbio il film più riuscito di Roberto Benigni, che con questo lavoro ricevette tre Oscar. Uscito nel 1997, il film viene raccontato dal punto di vista di Guido Orefice, interpretato dallo stesso Benigni. Anche qui il dramma indescrivibile dell’Olocausto viene raccontato con immensa ironia e amorevolmente sminuito per il bene del piccolo Giosuè (Giorgio Cantarini), protagonista di una delle scene più commoventi della pellicola e della storia del cinema, la salvezza finale del bambino dopo il sacrificio del papà. Per la prima volta forse in tutta la sua carriera, Benigni è stato acclamato in maniera uniforme, senza controversie, vincendo tre Oscar a man bassa, oltre che moltissimi altri premi. Si tratta di una grande storia d’amore, quella tra Guido e Dora, ma anche tra padre e figlio.
Il pianista
Roman Polanski rifiutò di dirigere “Schindler’s List” (che inizialmente Steven Spielberg avrebbe solamente dovuto produrre) perché era una vicenda troppo personale, il regista infatti aveva vissuto nel ghetto di Cracovia fino a sette anni. Però il regista polacco non si è tirato indietro quando si è imbattuto nella storia del pianista Władysław Szpilman, vissuta durante il periodo dell’invasione della Polonia da parte dei tedeschi, riuscito a scampare alle deportazioni. Siamo all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Il protagonista di questa storia ha scritto un libro autobiografico dal quale Polanski ha tratto la storia per il suo film, uscito nel 2002, nel quale il pianista viene interpretato da Adrien Brody, aggiudicatosi l’Oscar come miglior attore.
Il bambino con il pigiama a righe
Quello di Mark Heman è uno dei film più recenti che abbiano trattato la tematica dell’Olocausto. La storia colpisce maggiormente, perché i protagonisti sono due bambini, simbolo dell’innocenza. La contrapposizione è tra il bambino tedesco, figlio di un ufficiale nazista, che vive a pochi metri da un campo di concentramento, dove conosce Shmuel, un bambino ebreo che vive dietro il filo spinato e che sembra avere una vita molto più interessante di quella di Bruno, costretto a vivere dentro casa dopo essersi trasferito da Berlino alla campagna. Viene, così, sottolineata l’incoscienza di un bambino cresciuto con un insegnante privato che cerca di indottrinarlo sulla scia del nazismo, che non riesce a capire un dramma così grande come quello vissuto dall’amichetto. Il finale drammatico, anche se poco credibile, ha colpito molto il pubblico, invitandolo a riflettere maggiormente sull’accaduto, i due bambini infatti riescono a rendere la vicenda ben più tragica, perché considerati vittime innocenti, incapaci di difendersi e persino di comprendere quel che realmente accade intorno a loro, fino ad arrivare ad un triste epilogo.