“Al funerale del Re l’unico che non piange è il figlio“.
Malammore dà una risposta tagliente alle insinuazioni di Genny Savastano circa l’omicidio di Don Pietro. Il Re è morto per mano di un principe erede al trono che adesso piange lacrime di coccodrillo. E’ l’inizio della terza stagione di Gomorra: un primo episodio che si concentra sulla voragine di potere causata dalla dipartita di Savastano e che il figlio è deciso a colmare prima possibile.
Il re è morto
Per completare il “golpe” familiare Genny (Salvatore Esposito) ha bisogno di sbarazzarsi degli accoliti del Re defunto, ma senza dare nell’occhio. Il ragazzo è imperscrutabile e duro, mentre tutti intorno si domandano chi abbia ucciso suo padre giurando vendetta. Il principe parricida fa un nome già sibilato in passato: E’ stato Ciro, Ciro Di Marzio. La caccia è aperta. Dove sia, però, l’Immortale Ciro (Marco d’Amore) nessuno sembra saperlo e per trovare risposte è necessario far cantare qualcuno alla maniera di Gomorra. Una minaccia alle “creature'” di un suo scagnozzo ed ecco che saltano fuori le informazioni giuste.
Il funerale di Don Pietro (Fortunato Cerlino) è degno di un re egizio, in tutta la sua imperiosa e dorata sfarzosità. Nel suo discorso emozionato Malammore dimostra di essere stato il soldato migliore di tutti i Savastano, nella sua correttezza e affidabilità. Un soldato capace di chiudere gli occhi e sparare alla figlia di Ciro, se necessario. Una fiducia impressa nell’eternità, così come il murale gigantesco di Don Pietro su un palazzo di Scampia.
E Patrizia? La donna (Cristiana Dell’Anna) al fianco del boss, forse compagna (o qualcosa di più), saputa la sua morte si vede scivolare la terra da sotto i piedi. Senza più un compagno, senza più padroni, cerca di farsi da parte, mentre intorno infuria la tempesta. Genny si prende cura degli affari di famiglia (il figlio appena nato e Ciro) e giunge al nascondiglio dell’Immortale insieme a Malammore.
Fin da subito intuiamo le intenzioni doppiogiochiste del nuovo re, ormai deciso a mostrare le carte. Così come aveva consegnato Pietro a Ciro di Marzio, così fa anche con Malammore. Quest’ultimo ha giusto il tempo di voltarsi e comprendere il tradimento fatale.
L’ombra di Ciro, non più lui in carne ed ossa, divorato com’è dai sensi di colpa per la morte della figlia e dalla latitanza, si avvolge attorno al soldato Malammo’ uccidendolo a colpi di pistola. Il dado è tratto.
I due vecchi amici si dividono: Ciro prende un volo per una meta ancora sconosciuta. Genny torna a raccogliere l’eredità del padre e regala alla sua famiglia una nuova reggia. Qui confessa alla moglie Azzurra il suo diretto coinvolgimento nella morte del padre:
“Non è vero che mio padre se n’è andato da Napoli, mio padre è morto, l’ho fatto uccidere io. Mio padre mi voleva sotto il suo comando a Secondigliano, non avrebbe mai accettato qualcosa di diverso. Ultimamente era impazzito, vedeva morti ovunque, anche noi eravamo in pericolo. E allora ho fatto l’unica cosa che potevo fare: ho protetto la mia famiglia”
La moglie, già calata nella parte della compagna fedele, non batte ciglio e si schiera al fianco del legittimo erede.
Il Re è morto. Viva il Re.