Partiamo da un presupposto molto importante, non seguivo più Grey’s Anatomy da un pezzo e usavo gli episodi dell’undicesima stagione come tappabuchi nei momenti di noia, quelli in cui non riesci a dormire ma non vuoi nemmeno seguire quello che succede. Tanto lo schema, da 11 stagioni, è sempre lo stesso, saprei recitare una sceneggiatura a memoria.
Succede un tragico incidente e tutti finiscono nello stesso ospedale, c’è sempre qualcuno che cerca qualcun altro, che sia il fidanzato, la madre, lo sconosciuto empatico, il portafogli. Questo porta uno o più dei protagonisti a riflettere sulla loro esistenza e i pazienti sono sempre incredibilmente logorroici, li intubi, li anestetizzi ma loro continuano a raccontarti di quando hanno imparato ad andare in bici per la prima volta e mentre venivano inseguiti da un cane hanno capito cosa avrebbero fatto della loro vita: rompere le balle ai medici in ospedale. Succede poi che arriva il momento di crisi in cui uno dei personaggi scoppia in un monologo in cui vomita tutto quello che gli viene in mente – o vomita random in qualche angolo – e risolve la sua situazione di stallo. Qualcuno deve comunque morire. Ti amo. Ti ho detto che ti amo. Voglio amarti perché ti amo. Seguono altre dichiarazioni simili in cui la ridondanza è F O N D A M E N T A L E. Poi muore qualcun altro ma ormai non gliene frega più niente a nessuno.
Non so che problema abbia Shonda Rhimes e perché sia così ossessionata dalla morte, ma i personaggi più amati di “Grey’s Anatomy” se ne sono andati soffrendo come disgraziati. Il suo senso sadico l’ha portata a ricevere migliaia e migliaia di insulti online da parte di fan amareggiati. Da una parte c’è lei che rielabora i suoi probabili traumi d’infanzia incassando fior fior di quattrini, dall’altra i fan che arrivano al limite dell’ossessione e non accettano la finzione, figurarsi come vivono nel mondo reale. E poi ci sono i geni dello spoiler, quelli che non si sa per quale motivo devono raccontare per forza come va a finire, facendo a gara per arrivare prima degli altri. E non è che vincano qualcosa, a parte una valangata di insulti.
Sappiamo tutti come finisce l’undicesima stagione di Grey’s Anatomy, basta guardare Twitter, Facebook e le news di Google in merito all’argomento, ma qui non lo diremo. Qui diremo che anche basta con questa serie tv, perché Shonda Rhimes ormai altro che drama, ha superato ogni limite possibile, con i medici che squartati sul tavolo operatorio si fanno le diagnosi da soli anche mentre sono in coma farmacologico, muoiono come mosche, non hanno tempo per farsi nemmeno una doccia per salvare vite ma copulano come se non ci fosse un domani; si dimenticano di avere dei figli ma poi vanno a bere un sacco di tequila al bar, sono ossessionati dalle malattie più disgustose, dalle ossa rotte e dalle esplosioni splatter in pronto soccorso. Un branco di malattie psichiatriche che da 11 anni segnano il successo di “Grey’s Anatomy” ma adesso anche basta, Shonda. La prossima morte che vogliamo dev’essere quella della serie. Anche tu, come i personaggi di Grey’s che hanno metabolizzato la morte di tutti i loro amici, incidenti spettacolari, gambe tagliate, bombe e pistolate, dovrai dire addio a questa cagata pazzesca.