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Her: la recensione del film di Spike Jonze

Diretto da Spike Jonze, autore di “Essere John Malkovich” e “Il ladro di Orchidee“, e interpretato da Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Amy Adams, Olivia Wilde e Scarlett Johansson (nel ruolo del sistema operativo Samantha), “Her“, presentato alla ottava edizione del Festival Internazionale del film di Roma, è una lucida e malinconica opera di fantascienza romantica che ci invita a riflettere sull’incidenza della tecnologia nella nostra vita quotidiana.

Trama

In una futuristica Los Angeles, Theodore sfrutta  le sue qualità come scrittore mettendole ” socialmente” al servizio delle persone che, per mancanza di tempo o creatività, hanno smarrito le parole e non riescono più a rapportarsi con fidanzate, amici o parenti. Utilizzando materiale d’archivio, inviato dagli stessi clienti, Theo immagina e scrive per conto loro nutrendo sentimenti sopiti o alimentandone di nuovi.
Al di fuori del lavoro, invece, Theo riesce difficilmente a trovare le parole giuste. Sposato con Catherine, rifiuta l’idea del divorzio, nonostante i due non si vedano da più di un anno e mostra una notevole difficoltà nel relazionarsi con l’altro sesso, tanto da mandare all’aria promettenti serate a causa di un amore ancora evidente verso la ex compagna, divenuta nel frattempo una scrittrice di successo costantemente impegnata nelle promozioni delle sue opere in giro per il Mondo.
La vita di Theodore sarà però sconvolta dall’arrivo di Samantha, dalla voce sensuale, intelligente, acuta, simpatica. La donna perfetta ma con un difetto: è un computer, precisamente un sistema operativo avanzato, dotato di intelligenza e capace di elaborare emozioni talmente realistiche da sconvolgere per sempre la vita dello scrittore.
Her
Her

Giudizio 

Cosa potranno fare i personal computer nel futuro? Siamo talmente tanto circondati da  Smartphone, Tablet e Pc da dimenticare che la tecnologia si è resa protagonista di una invasione ormai inarrestabile. E forse agevolata dal nostro modo di vivere, ragionare e “connetterci”. Eppure sembrerebbero esserci ancora dei confini, delle sacche di resistenza che impediscono ai computer di sostituire l’emozione di un incontro dal vivo, il calore del corpo umano, l’espressività di un viso, pianti e sorrisi. Insomma, le emozioni che noi umani esprimiamo ogni attimo della nostra vita.
Spike Jonze attraversa il confine e ci racconta una storia d’amore tra un un uomo e un sistema operativo, una dolce storia d’amore tra Samantha l’Os e Theodore lo scrittore. Una Love Story talmente reale da comporsi di tutte quelle sfaccettature che una relazione uomo donna vede quotidianamente e nell’arco di una vita. Tra gelosie, litigi, momenti di solitudine, ambigui giochi sessuali, autoerotismo, uscite con un’altra coppia, vacanze e passeggiate domenicali in spiaggia con il dolce sottofondo sonoro delle onde californiane. Convincente ma allo stesso tempo inquietante. Basti pensare alle chat room, alle webcam, ai sistemi di messaggistica istantanea. Il futuro immaginato da Jonze potrebbe non essere così utopico.
Non esistono programmi per l’amore perfetto, come non esiste una vita senza il volto negativo del rapporto di coppia. Ma è proprio quella imperfezione che prima avvertiamo come insostenibile a tenerci vivi e vigili e lo stesso Theodore sembra infine accorgersene, ripensando malinconicamente alla ex moglie Catherine.
Joaquin Phoenix
Joaquin Phoenix
L’opera ambiziosa  – ma convincente – di Jonze lascia molto spazio al dialogo e punta su lunghi primi piani,  ha una mostruosa forza visiva, una colorata fotografia e rappresenta un futuro – comunque non tropPo lontano- in maniera piuttosto realistica. Nella prima parte “Her” lascia anche spazio a divertenti siparietti tra il protagonista e un furbo alieno protagonista di un gioco tridimensionale con il quale Theo passa il tempo libero. Una ventata di simpatia che funziona e ci permette di assistere alla pellicola con un sollievo forse insperato, alleggeriti dalla pesantezza di una inquietante storia d’amore perché, nonostante tutto, all’amore tra umano e macchina, preferiamo quello classico e tradizionale. Altrimenti finiremo come i tanti clienti di Theodore, incapaci di prendere carta e penna e di scrivere una lettera.
Voto:
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