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Hitchcock: la recensione

“Hitchcock” è uno dei film biopic più attesi dell’anno sia per la figura del regista inglese, considerato come uno dei più importanti cineasti della storia, sia per quella esperienza metacinematografica che la pellicola ci regala, portandoci nel dietro le quinte di “Psycho” e mostrandoci le difficoltà lavorative, le curiosità e il rapporto di Sir Alfred con i suoi attori e attrici e con la moglie Alma Reville, compagna di vita e di lavoro, considerando l’importanza che quest’ultima ha rivestito nella stesura della sceneggiatura e nel montaggio del film.

La regia del biopic è stata affidata a a Sacha Gervasi che ha diretto un cast nel quale spiccano i nomi di Anthony Hopkins (Hitchcock), Helen Mirren (Alma Reville), Scarlett Johansson e Jessica Biel, la prima nei panni di Janet Leigh e la seconda in quelli di Vera Miles.

Hitchcock
Hitchcock

Trama

Nel 1959 Alfred Hitchcock è uno dei registi più celebri al mondo e da poco ha conquistato anche la critica grazie ad “Intrigo Internazionale”, una thriller spy story con protagonista Cary Grant. Eppure il regista inglese non sente ancora il bisogno di appendere “la cinepresa al chiodo” ed è alla ricerca costante di un nuovo progetto, un qualcosa di originale lontanto dalle proposte delle Major (che volevano fargli dirigere un adattamento di 007).

Il poster di Hitchcock
Il poster di Hitchcock

Nel pieno di una crisi creativa scopre, casualmente, l’esistenza di un piccolo romanzo dal titolo “Psycho”, scritto da Robert Bloch che racconta la storia di Norman Bates, personaggio ispirato dalle folli gesta del serial killer Ed Gein. Sir Alfred si convince della bontà del progetto e inizierà una sfida contro se stesso, impegnando tutti i suoi risparmi – e ipotecando la casa – per realizzare il film.

Giudizio

Nonostante sia stato poco considerata dalla Academy (solo una nomination per il miglior trucco, ai prossimo Oscar) “Hitchcock” è un intrigante biopic, che apre scenari sconosciuti e ci restituisce, alternandole e mischiandole, le due dimensioni, lavorativa e famigliare di Hitchcoch. Tormentato dal dubbio di essere tradito dalla moglie, e ossessionato dagli incubi ricorrenti con protagonista Ed Gein (il serial killer al quale si ispirò Robert Block per il personaggio di Norman Bates), Hitchcock viene rappresentato nella sua forma più umana e fragile.  Proprio una scena con protagonisti  Ed Gein e Hitchcock apre le danze, con il secondo che assiste a un brutale omicidio sorseggiando del tè. Un incipit divertente rigonfio di humour nero, nell’immancabile stile british del cineasta. In realtà è un inizio fuorviante e decisamente “televisivo” con Hitchcock che strizza l’occhio al pubblico e idealmente ci racconta la sua storia che si concentra in un anno specifico: il 1959. Reduce dal successo di “Intrigo Internazionale”, Sir Alfred è acclamato dalla critica (che tanto aveva, invece, criticato “Vertigo”), amato dal pubblico, ha raggiunto i sessant’anni di età e potrebbe godersi un esilio dorato nella sua magione californiana. Malgrado le premesse il regista, però, metterà tutto in discussione, dal patrimonio al rapporto con la moglie, alla credibilità, per sostenere un progetto impervio, mal voluto dalla censura e dalla Paramount: così nasce “Psycho”, ovvero il più celebre horror della storia.

La più grande pecca di Gervasi risiede nella brevità della trasposizione cinematografica condita da molta approssimazione e superficialità. Il Making of di “Psycho” lascia ben  presto spazio al rapporto di Hitchcock con la moglie, rendendo la pellicola più un adattamento romantico che un biopic fedele e allo stesso tempo non riesce a convincere nella costruzione del rapporto tra Hitchcock e gli attori di “Psycho”.

Il film viene oltretutto appesantito da ricorrenti immagini oniriche con Hitch ossessionato dalla figura di Ed Gein che addirittura fornisce al regista “indizi” sul possibile tradimento della moglie.

Nonostante alcune smagliature Hitchcock rimane, però, una pellicola gradevolissima, imperdibile per i fan del regista inglese, qui interpretato in maniera impeccabile (incredibile il lavoro fatto sulla voce) da Anthony Hopkins.

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