Ieri sera si è tenuta la cerimonia di premiazione dei David di Donatello che ha visto trionfare Giorgio Diritti con “L’uomo che verrà“, ma le pellicole in gara erano davvero tante e di qualità, come “La prima cosa bella” di Paolo Virzì e “Vincere” di Marco Bellocchio.
Come ogni anno, ieri, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha incontrato tutti i candidati al David di Donatello, presentati da Gian Luigi Rondi, presidente dell’Accademia del Cinema Italiano. Il Presidente ha discusso delle difficoltà che sta riscontrando il cinema nostrano di questi tempi:
Considerando il numero dei candidati, credo possa considerarsi un’annata da collezione per il cinema italiano, con una nuova leva, una nuova generazione che ne ha preso in mano le sorti e, sono convinto, continuerà in quell’opera di unità del paese che, da sempre, contraddistingue il lavoro dei nostri migliori cineasti. […] Le difficoltà ci sono, e non sono finite ma fanno parte di un complesso economico e finanziario che coinvolge non solo l’Italia: anche per questo il sottosegretario Gianni Letta e il ministro Sandro Bondi non sono presenti oggi, perché impegnati nel consiglio dei ministri sui problemi attuali della Grecia.
Il problema è stato già sollevato anche da diversi protagonisti del mondo cinematografico ed esposto con la lettera letta da Stefania Sandrelli, scritta a nome del collettivo Centoautori. Andrea Purgatori, rappresentante del direttivo, ha discusso anche l’assenza del governo all’evento:
Credo sia la prima volta che manchi il governo alla presentazione delle candidature dei David ed è l’ennesimo segnale di quello che sta accadendo nel mondo della cultura italiana, ormai considerata semplicemente un costo piuttosto che un investimento come in altri paesi. Anche per questo, stasera all’Auditorium durante la cerimonia di premiazione leggeremo un testo, non di pianto ma di lotta, perché con i contributi statali ridotti a zero centesimi è a serio rischio il lavoro di 250.000 persone che, a differenza della FIAT, neanche possono chiedere la rottamazione, vista l’assenza di interlocutori. Non chiediamo l’elemosina – conclude Purgatori – ma quanto meno che tutti coloro che riescono ad assicurarsi enormi profitti grazie al nostro lavoro, come i grandi network o i provider telefonici, ci restituiscano una parte di quegli introiti.
Paolo Virzì, candidato con ben diciotto nomination per “La prima cosa bella” ha voluto commentare la situazione:
Il cinema italiano è un combattente strepitoso nonostante le mazzate che continua a ricevere e lo dimostra la qualità di tutti i film candidati al David. Eravamo il fanalino di coda per quello che riguardava l’intervento statale, ora siamo addirittura usciti dagli standard europei: la speranza, a questo punto, è quella di esserci anche l’anno prossimo.
Uno Stato assente, quindi, che metterà in difficoltà le future generazioni. Lo sostiene anche Marco Bellocchio, quindici candidature per “Vincere“, che vede un futuro nero per i registi in erba:
Comprendo che il problema è di ogni singolo candidato, io posso continuare a cavarmela, ma i 30enni di oggi sono allo sbando, non sanno che fare. In tutta serenità se a me danno o non danno il David importa fino a un certo punto: mi potrà far piacere per mezz’ora, ma poi la mia vita rimane la stessa. Quello che resta è che il finanziamento statale è stato azzerato, il governo non darà più nulla e noi dovremmo utilizzare alcune occasioni, come quella di stasera, per opporci, protestare, dire di no: in fondo non chiediamo la carità, se è vero come è vero che per ogni euro investito nel cinema se ne guadagnano due.
E’ polemica anche sul metodo di giuria, sollevata dal produttore Domenico Procacci:
Negli ultimi anni la giuria dei David si è allargata smisuratamente, arrivando a quasi 1600 aventi diritto al voto e, soprattutto, composta da molte persone che con il cinema hanno poco a che fare. Sia chiaro che amo molto questo premio ma credo bisognerebbe trovare un criterio, come ad esempio in America, dove si entra a far parte dell’Academy dopo aver ottenuto almeno una nomination all’Oscar, o in Francia, dove per far parte della giuria bisogna aver preso parte alla realizzazione di un certo numero di film e, annualmente, si paga una cifra simbolica per ricevere tutti i film prodotti nel corso della stagione e poter così esprimere un giudizio più accurato.
Ribatte il presidente dell’Accademia Gian Luigi Rondi, sottolineando l’assenza di Carlo Verdone e Pupi Avati dalla giuria di quest’anno:
Quando 55 anni fa Italo Gemini istituì il premio, l’idea fu proprio quella di ottenere sul cinema italiano un parere non solo dagli addetti ai lavori. L’ingresso in giuria è stato poi aperto a tutti i vincitori del David e, successivamente, sono stati assegnati altri 25 posti ad enti o associazioni. Per quello che riguarda le candidature di quest’anno il notaio mi ha fatto sapere che hanno votato 1200 dei 1592 giurati: dispiace a me per primo dell’assenza di registi o film importanti, ma proprio questa assenza testimonia la grande vitalità del nostro cinema.