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Kim Ki-duk, il regista coreano è morto a causa del Covid

Si è spento a soli 59 anni il regista coreano Kim Ki-duk, a causa di alcune complicazioni legate al COVID-19. Il regista, vincitore del Leone d’Oro a Venezia per il suo “Pietà”, si trovava in Lettonia dallo scorso 20 dicembre, come riporta il giornale locale Delfi.

Secondo quanto riportato dal direttore dell’Art Doc Fest di Riga, Vitalijs Manskis, Kim Ki-duk stava per acquistare una casa a Jurmala e si preparava a richiedere un permesso di soggiorno. Tuttavia, non si è presentato all’incontro e i colleghi, preoccupati, avevano iniziato a cercarlo negli ospedali. La morte del regista, in seguito, è stata confermata anche dalla sua interprete Daria Krutova. Avrebbe compiuto 60 anni il prossimo 20 dicembre.

Kim Ki-duk è stato uno dei più apprezzati registi sudcoreani. Approdato a Parigi nel 1990, ha iniziato dedicandosi alla pittura per poi innamorarsi del cinema. Proprio negli anni Novanta ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della settima arte, ma come sceneggiatore, facendosi subito notare per il suo talento. Kim Ki-duk è cresciuto principalmente a Seul, dove si era trasferito con la famiglia quando aveva 9 anni. All’età di 17 anni aveva deciso di non proseguire gli studi per supportare economicamente la famiglia, per poi arruolarsi in marina tre anni dopo. Il percorso di Kim Ki-duk è stato difficile fin dall’infanzia e ha attraversato anche una profonda crisi religiosa, elementi autobiografici si possono trovare nel corso di tutta la sua filmografia.

La sua personalità e la sua filosofia emergono chiaramente, infatti, dalle sue opere, fin da “Coccodrillo”, film con il quale debuttò nel 1996. A Venezia, molto tempo prima di essere acclamato e vincere il Leone d’oro, Kim Ki-duk destò scalpore con il suo “L’isola” dove tra gli altri temi torna, proprio come nel primo film, quello del suicidio. Il regista sudcoreano è stato particolarmente prolifico e nel corso degli anni ha diretto altri film, come “Bad Guy”, “The Coast Guard” e il celebre “Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera”. Ormai già noto a livello internazionale ed in particolare in Europa, si aggiudicò l’Orso d’argento come miglior regista, a Berlino, per “La samaritana”. Nel 2004 è arrivato il Leone d’argento a Venezia per “Ferro 3 – La casa vuota”. Nel 2011 trionfò a Cannes con il documentario “Arirang”, con il quale raccontava il terribile incidente sul set di un film precedente, “Dream, a causa del quale un’attrice ha rischiato di perdere la vita. La consacrazione definitiva è arrivata nel 2012 con il Leone d’oro a Venezia per il film “Pietà”. Come in quasi tutti i suoi film, anche in questo Kim Ki-duk affronta il tema del sesso e della violenza, il titolo si riferisce alla famosa opera di Michelangelo.

Anche se apprezzato a livello internazionale, Kim Ki-duk è sempre stato in grado di dividere l’opinione pubblica, e non solo. Gli ultimi anni non sono stati dei più semplici per il regista, che due anni fa è finito nel vortice del movimento #metoo, accusato da un’attrice di violenza sessuale. Il caso fu archiviato per mancanza di prove e si concluse con il pagamento di una multa, tuttavia altre tre attrici lo accusarono di molestie. A quel punto, la carriera di Kim Ki-duk era definitivamente compromessa, almeno in Corea del Sud. Un tentativo di rilanciarla era stato avviato proprio nei mesi scorsi e il trasferimento in Lettonia riguardava proprio una nuova produzione con la quale il regista sperava di tornare a fare ciò che più lo appassionava.

Foto via Wikimedia 

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