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L’altra faccia del diavolo: la recensione

“L’altra faccia del diavolo” è un mockumentary statunitense girato da William Brent Bell (“Stay Alive”) e interpretato da Fernanda Andrade, Simon Quarterman,  Evan Helmuth, Susan Crowley e Ionut Grama. Ennesima pellicola girata con lo stile del falso documentario, preceduta da una intensa campagna promozionale dagli slogan accattivanti “il film che il Vaticano non ha autorizzato” è un film dalla voluta amatorialità a metà strada tra il celebre “L’esorcista” e l’ottimo horror spagnolo “Rec”.

Il film

Isabella, trasferita a Roma per studiare il fenomeno degli esorcismi, fa conoscenza con due preti che utilizzano per questa pratica una sofisticata attrezzatura medica. Grazie a loro assisterà, rimanendone assai turbata, al primo esorcismo della sua vita. La “gita” romana ha però un doppio fine, Isabella è infatti intenzionata a fare luce sulla vita di sua madre, ricoverata in un ospedale psichiatrico per aver, vent’anni prima, assassinato brutalmente tre persone, proprio durante un tentativo di esorcismo. L’incontro con la figura materna permetterà a Isabella di scoprire la verità: la madre è stata effettivamente vittima di una possessione e gli effetti sono ancora visibili sul suo corpo, dove abbondano le ferite, e sulla sua anima.

L’altra faccia del diavolo

Giudizio sul film

Nel prologo del film assistiamo a un found footage come espediente per l’avvio della trama. Nelle scene iniziali, che fanno molto omaggio a “Non aprite quella porta” e al finale di “Rec”, per la componente religiosa, ci viene svelato un triplice ed efferato omicidio con tanto di visuale delle vittime. In seguito facciamo la conoscenza di Isabella Rossi e assistiamo ad alcune false testimonianze su sua madre, Maria. Anche in questo caso la sensazione di déjà vu è fortissima (su tutti, “The Blair Witch Project”) e vengono meno le speranze – già flebili – di assistere a qualcosa di nuovo. Evidentemente la trilogia di “Paranormal Activity” è in questo caso sintomatica di un cinema di genere ancora vivo con il pubblico – apparentemente – affascinato da pellicole di fiction “spacciate” per documentari.

Peccato che il film di Brent Hell non aggiunga nulla al filone, la costruzione narrativa è routinizzata, gli eventi narrati nel film sono piuttosto noiosi e i personaggi piatti. Il film fatica a entrare nella sua fase cruciale perdendosi dietro a lungaggini  incomprensibili (addirittura viene mostrato il viaggio aereo della ragazza verso Roma).  La fase esorcistica viene raggiunta troppo tardi e non spaventa, o meglio, non sarà motivo di incubo per lo spettatore, nonostante alcune situazioni che lasciano un senso di disagio (su tutte la fanciulla rannicchiata su se stessa con un angosciante sottofondo sonoro delle sue ossa scricchiolanti).

Commenti finali

Accompagnato da una notevole campagna virale (è stato creato un sito ad hoc dove seguire ulteriori sviluppi sul caso di Maria Rossi),  il film parte da una base horror solida, come quella dell’esorcismo con annessi riferimenti religiosi, ma non riesce a ricreare la cupa atmosfera dei suoi predecessori. Attingendo a più riprese nella cinematografia horror – soprattutto – degli ultimi due lustri, la pellicola promette bene con una possibile virata nei misteri della Chiesa e del Vaticano ma il tutto resta assolutamente arrangiato e, oltretutto, la location romana è poco sfruttata.

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