Philippe Le Guay porta il cinema francese in giro per il mondo, ancora una volta a testa alta. La Francia si dimostra nuovamente un Paese in grado di sfornare opere significative, ma con estrema semplicità, senza cercare artifici e storie complesse, tutto viene esposto nella maniera più naturale possibile.
Al contrario di molte altre opere “Le donne del 6° piano” di certo non è dinamica, non prevede scene d’azione, ma dal punto di vista dei dialoghi, rispetto a molti altri film, sicuramente la sceneggiatura è riempita bene, senza troppi silenzi che a lungo andare stancano lo spettatore. Siamo nella Francia di De Gaulle, negli anni ’60 e dalla Spagna tantissime donne scappano dal terribile regime di Franco e arrivano nella capitale in cerca di lavoro. Jean-Louis Joubert (Fabrice Luchini) è un prestigioso agente di cambio che conduce una vita pressoché monotona, sempre identica, con una moglie, Suzanne (Sandrine Kiberlain) forse ancor più annoiata di lui, che cerca di trovare un rifugio nella scrittura. L’unico avvenimento che sconvolge di poco la vita di Joubert, è la morte della madre, ma a cambiare il suo destino una volta per tutte è l’arrivo di Maria (Natalia Verbeke), la nuova domestica spagnola, arrivata a rimpiazzare la vecchia governante, andata via dopo vent’anni per uno screzio con la padrona. Suzanne si affeziona presto alla giovane e gentile Maria, senza scavare a fondo nella sua personalità, ma guardandola semplicemente come un accessorio utile per la sua monotona quotidianità. Joubert, invece, rimane affascinato da Maria e da tutto il mondo che le sta dietro: tutte le altre donne spagnole che vivono al sesto piano del palazzo, il sottotetto con le stanze piccole e il bagno guasto che emana un tanfo insopportabile. Donne che non hanno nulla e che sono scappate dalla dittatura, eppure non osano lamentarsi. Il loro arrivo è come un uragano nella vita dell’uomo, che inizia a ripensare a tutto quello che ha compiuto fino a quel momento, per rendersi conto di non aver mai vissuto realmente, di non amare realmente la moglie e di non apprezzare nemmeno il suo lavoro, ogni cosa viene messa in discussione. “Le donne del 6° piano” è una storia che mette insieme tantissimi argomenti: la condizione delle donne, l’immigrazione, la politica, la vita privata, l’amore e gli affetti che ogni giorno vengono messi in discussione, l’imprevedibile. Al contrario di quanto avvenga nella scala gerarchica, le disprezzate donne spagnole, sguattere e serve della nobiltà parigina, vivono sulle teste dei loro padroni, sulle quale nasce un vero e proprio mondo parallelo, fatto di piccole cose e soprattutto di una fortissima solidarietà, un legame che si stringe condividendo le stesse gioie e gli stessi dolori e che diventa indissolubile. Donne spaventate che non conoscono la lingua del nuovo Paese in cui vivono, disposte a lavorare 14 ore al giorno pur di poter mandare qualche soldo alle famiglie lontane, sperando con ansia di avere loro notizie. Una storia che ai nostri giorni non appare poi così lontana. Il legame tra Joubert e Maria, ovviamente, si fa sempre più stretto ma non rimane il fulcro della storia, che in realtà si dipana come una commedia corale, in cui le protagoniste sono tutte le donne spagnole, che portano una ventata di allegria e novità nelle case dei ricchi, fedeli alle loro tradizioni, quasi in maniera morbosa. Lo sottolinea il fatto che lo stesso Joubert, incuriosito dall’arrivo delle nuove donne, racconti che da generazioni la sua famiglia viva nello stesso palazzo. Maria, invece, gli apre una finestra su un mondo nuovo, che non aveva mai saputo prendere in considerazione, così Joubert vuole fare qualcosa per sé e per tutte quelle donne, che vivono di canzoni, risparmi messi da parte e le messe della domenica. Anche quest’ultimo elemento viene spesso messo in risalto, in netta contrapposizione con la laicità del popolo francese, che guarda con occhio stranito queste donne spagnole che pensano a Dio. Nonostante Francia e Spagna siano Paesi così vicini, le abitudini sono totalmente diverse e così anche il modo di essere delle persone. Lo dimostrano anche i colori stessi, che passano dalla grigia Parigi con i palazzoni composti da stanze cupe e finemente arredate, alla Spagna soleggiata e calda, colorata, fatta di verde e casette con persone molto meno sfarzose, ma molto più gioiose. Ancora una volta il cinema francese si contraddistingue per la leggerezza con cui affronta determinate argomentazioni, regalandoci storie tanto belle quanto semplici, con una delicatezza che si addice davvero a pochi.