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Libertà per Jafar Panahi: omaggi al Festival del Cinema di Cannes, il regista scrive una lettera

Il regista iraniano Jafar Panahi si trova in carcere dallo scorso marzo ed ha reso noto, proprio in occasione del Festival del Cinema di Cannes, di aver subito maltrattamenti e minacce, e di voler portare avanti lo scipero della fame. Panahi sarebbe dovuto essere uno dei membri della giuria di quest’anno, presieduta da Tim Burton. Il 12 maggio, giorno di inizio del Festival, è stata lasciata una sedia vuota, insieme a quelle degli altri giurati, in suo onore. Il regista ha ringraziato con una lettera dal carcere:

Ho appena saputo dai miei familiari che, durante l’inaugurazione del sessantatreesimo Festival di Cannes, avete riservato, in mio onore, una poltrona vuota con scritto il mio nome. Pertanto vorrei ringraziare tutti gli organizzatori di questo Festival, in particolar modo il signor Gilles Jakob, per questo importantissimo gesto simbolico, per il sostegno e per la solidarietà dimostratami. […] Inoltre vorrei ringraziare sia il ministro degli Affari esteri francese, Bernard Kouchner, sia il ministro della Cultura, Frederic Mitterrand, per essersi impegnati, in prima persona, al fine di ottenere la mia scarcerazione. La vostra voce si unisce a quella dei miei familiari e dei miei concittadini che, fuori delle mura della prigione di Evin, reclamano la mia liberazione […]Domenica mattina mi hanno portato nella sala di interrogatorio e mi hanno accusato di aver filmato la mia cella, cosa completamente falsa. In seguito, hanno minacciato di imprigionare la mia famiglia a Evin e di maltrattare mia figlia in una prigione senza sicurezza nella città di Rejayi Shahr. […] Non ho mangiato né bevuto nulla da domenica mattina, e dichiaro che se le mie volontà non saranno rispettate, continuerò senza bere né mangiare. Non voglio essere un topo da laboratorio, vittima dei loro giochi insani, minacciato e torturato psicologicamente.

Il desiderio del regista è quello di poter “contattare e vedere la mia famiglia, e l’assicurazione totale della loro sicurezza […] il diritto di avere un avvocato, dopo 77 giorni di carcere, […] libertà incondizionata fino al giorno del mio giudizio e del verdetto finale. Jafar Panahi sostiene di voler portare avanti lo sciopero della fame fin quando non saranno esaurite le sue volontà e tragicamente pensa anche alla sua morte: Che le mie spoglie siano rese alla mia famiglia e che essa possa seppellirmi dove desidera. La lettera contiene molto affetto nei confronti dei suoi colleghi cineasti:

In questo momento riesco ad andare avanti, pensando anche con molto affetto ai colleghi cineasti e ad altri organizzatori del Festival di Cannes, i quali hanno avuto la sensibilità di mettere il mio nome su una sedia vuota nel Festival.

Tutte le persone arrestate con Panahi, tranne lui, sono state liberate. La situazione in Iran è davvero drammatica, al punto che anche la musica è vietata, l’argomento viene affrontato ne “I gatti persiani“. Tanta commozione ieri al Festival, il regista iraniano Abbas Kiarostami ha voluto iniziare il suo incontro con la stampa parlando della situazione del suo collega, della quale si occupa anche il filosofo e giornalista francese Bernard-Henri Levy, che si è occupato anche  del caso di Roman Polanski. “Non posso capire come un film possa essere un delitto e ancor di meno un film che non è ancora stato fatto”, ha detto Kiarostami, in concorso con “Copie conforme“, con William Shimell e Juliette Binoche. Quest’ultima non è riuscita a trattenere le lacrime. Nonostante l’indignazione internazionale e le richieste di liberazione, dall’Iran sembrano non voler sentire e la repressione continua e coinvolge molte persone. Parole di speranza e commozione per un uomo che vuole solo essere libero, anche noi sosteniamo Panahi, sperando che giustizia sia fatta.

Jafar Panahi
Jafar Panahi

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