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Ljajic non canta inno, Mihajlovic lo esclude dalla Nazionale

Dopo l’ormai celebre episodio del litigio in panchina, che lo ha coinvolto insieme all’ex tecnico della Fiorentina e che di fatto condusse all’esonero di Delio Rossi, giungono nuovi guai per il centrocampista Viola Adem Ljajic.

Questa volta, però, le problematiche non sono connesse alla società gigliata – che con il neo direttore sportivo Daniele Pradè dovrà definire la posizione del calciatore per la prossima stagione – bensì alla Nazionale Serba, guidata dall’ ex difensore di Sampdoria, Lazio ed Inter, oltre che ex tecnico di Catania, Bologna e Fiorentina Sinisa Mihajlovic, impegnata sabato scorso nell’amichevole contro la Spagna, prossima avversaria degli Azzurri di Cesare Prandelli nella gara di apertura del girone eliminatorio europeo.

All’inizio della gara in questione – poi persa dalla Serbia per 2 a 0 – nel consueto rituale dell’esecuzione degli inni nazionali, Adem Ljajic si sarebbe rifiutato di cantare l’inno serbo: uno sgarbo ritenuto imperdonabile dal neo cittì Sinisa Mihajilovic che, appena insidiatosi sulla panchina della sua nazionale, ha stilato un codice comportamentale poi sottoposto alla firma ai suoi calciatori. In tale “vademecum”, infatti, uno dei punti principali era costituito proprio dall’obbligo di cantare l’inno nazionale prima di ogni gara e lo stesso Ljajic, con la sua firma, aveva accettato di farlo. In campo, però, ciò non è accaduto e tale episodio ha causato l’immediato allontanamento dal ritiro della nazionale, dopo un breve confronto con il commissario tecnico Mihajilovic avvenuto nella giornata di domenica.

Adem Ljajic | © ALEXANDER KLEIN/AFP/GettyImages

Durante tale incontro, infatti, il calciatore della Fiorentina avrebbe spiegato di non voler cantare l’inno “per ragioni personali”, con tutta probabilità connesse alle sue origini: Adem Ljajic, infatti, è nato nel Sangiaccato, ai confini con il Kosovo, una regione a maggioranza musulmana – anche Ljajic lo è – storicamente in opposizione con il centralismo della capitale Belgrado, anche alla luce delle decise spinte autonomiste della regione, che richiede una maggiore indipendenza rispetto alla capitale serba.

Le ragioni personali di Ljajic, dunque, sarebbero ben fondate e, dunque, totalmente avulse da un “colpo di testa” o da un semplice atteggiamento di ribellione: la decisione di Mihajlovic, di contro, appare come la volontà di imporre ai suoi l’obbligo di cantare l’inno, prescindendo dalle ideologie personali che, in un Paese come la Serbia, hanno un peso specifico rilevante, alla luce dei tristi eventi storici accaduti, dalla violenta repressione di Milosevic alla sanguinosa guerra degli anni immediatamente successivi.

D’altrocanto, però, è pur vero che se si decide di indossare la maglia della Nazionale si abbraccia in toto ciò che ne consegue e bisogna calarsi in pieno nell’ottica di rappresentarla. In bilico fra due fuochi, dunque, la Federazione serba (FSS) ha tentato di adottare una posizione diplomatica, finalizzata a ricucire lo strappo ed a non chiudere completamente le porte a Ljajic, considerato un elemento tecnicamente molto valido. In tal senso, dunque, la Federazione ha rimarcato che l’esclusione di Adem non deve essere considerata in maniera definitiva precisando in un comunicato ufficiale che “le porte della Nazionale non sono chiuse per sempre, ma il giocatore deve informare il tecnico di aver cambiato posizione: se dimostrerà di essere in forma potrà essere convocato nuovamente”.

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