Se il primo film è sembrato particolarmente eccessivo, “Loro 2” cambia quasi completamente registro, concentrandosi maggiormente sulla vita privata del protagonista.
Silvio Berlusconi, va ripetuto, è impersonato da un perfetto Toni Servillo, che non cade mai nella trappola della facile imitazione e rimane ben calibrato. Il personaggio è sorretto da una sceneggiatura (scritta con Umberto Contarello) che rende una perfetta sintesi di una vita altrimenti lunghissima da raccontare e particolarmente sfaccettata. In “Loro 2” i toni sono più soft, mostrano il volto di un Berlusconi generoso e a tratti incompreso, con i suoi gusti pacchiani e le sue manie di protagonismo. Elementi che ben si sposano con lo stile di Paolo Sorrentino, che non disdegna mai l’elemento kitsch e mostra il suo gusto per l’artefatto. L’opera del regista partenopeo è intrisa di critica e ammirazione al contempo ma si tiene alla larga da un giudizio finale, che rimane sospeso, la palla viene passata al pubblico. Un giudizio che non deve essere necessario alla fine di un ritratto di un uomo solo – non una divinità immortale, ma un uomo – che vuole disperatamente credersi altro.
La recita perenne
In “Loro 2” nulla è lasciato al caso, anche tutto quello che può apparire una forzatura. “Io conosco il copione della vita” dichiara un Silvio Berlusconi appesantito e malinconico, un uomo che non ha fatto altro che recitare per tutta la sua vita. E si circonda a sua volta di finzione e di recite, dai festini con le ragazze, le canzoni di Apicella e il gelato artigianale fino alla produzione di fiction vere e proprie. Quelle che Mediaset ci propina, non troppo lontane dal livello di “Congo Diana”, emblema dello sfacelo televisivo odierno capitanato da Barbara d’Urso e dalla sua missione salva-ascolti. Silvio recluta ragazze totalmente incapaci, consapevole ma poco preoccupato del risultato finale. Non ha problemi a dare in pasto al grande pubblico opere di bassissimo livello, che il pubblico ingurgita passivamente. E non si preoccupa di sminuire il lavoro di Mike Bongiorno, personaggio prezioso nella sua scalata verso il successo, quello che fino a poco prima con i suoi quiz era la parte culturale del suo impero televisivo (dal dialogo con Veronica in “Loro 1“). Tutto il film è imperniato sul dualismo, che fa inevitabilmente parte di noi. Per questo motivo non possiamo sentirci immuni, nonostante il film parli di “loro”, facciamo tutti parte della recita. Tra sgambetti e menzogne, il Berlusconi di Sorrentino si destreggia più che bene, anche grazie al potere della convinzione, anche quando può risultare patetico. Jep Gambardella ne “La grande bellezza” voleva avere il potere di far fallire le feste allo stesso modo in cui Berlusconi riesce a far fallire la politica di un intero Paese, ritratta tra le macerie de L’Aquila mentre lui guarda il finto vulcano di cui va tanto fiero.
Chi è, quindi, Silvio Berlusconi? La risposta, nonostante tutto, è più semplice di quanto si possa pensare e pertanto è assolutamente sconvolgente. È, come gli dice Veronica (Elena Sofia Ricci) “un bambino che ha paura di morire”. “Loro 2” racconta il tramonto del berlusconismo, che continua a resistere tra molti acciacchi, e l’ostinazione di un uomo abituato all’adulazione. Per raccontarlo Sorrentino si sofferma sui particolari più sentimentali, tralasciando argomenti spinosi come il Rubygate e derivati e trattandone altri solo per necessità stilistica, poiché non hanno nulla a che vedere con questo ritratto. In mezzo al caos, alle acque chiare del mare sardo e dei balli sfrenati, come dice il suo Tony Pagoda in “Hanno tutti ragione“, c’è solo una cosa che sopporta: la sfumatura. Questo è. Con una citazione palesemente felliniana (la sequenza iniziale de “La dolce vita”) l’occhio del regista si sposta da Berlusconi all’Italia: il ritratto che ne fa è quello di un Paese devastato da 20 anni di berlusconismo, riassunto tra le macerie del terremoto de L’Aquila. Là in mezzo c’è anche il volto di un Paese che non conosce festini, quello di una donna che per mettersi in salvo ha perso la sua dentiera, quello della gente che aspetta un Cavaliere capace di regalare un sogno. Ci ha fatto sognare, Silvio: puntualmente abbiamo dimenticato, abbiamo desiderato essere come lui, avvicinarci al suo impero, alla sua figura, gli abbiamo concesso di tornare e ritornare, di convincerci ancora una volta come se stesse vendendo un immobile incredibile al telefono. Noi, che siamo loro. Quella di Paolo Sorrentino è una carezza delicata, uno sguardo tenero in mezzo a tanto squallore.