Woody Allen da qualche tempo ha deciso di lasciare la sua adorata New York per girare film in Europa e dopo aver fatto un rapido giro di alcune tra le capitali più belle, è approdato in Francia, tra la Costa Azzurra e la Provenza. Negli ultimi anni il regista ha spesso regalato pellicole banali e superficiali, eccezion fatta per il successo del poetico “Midnight in Paris” e del cinico “Blue Jasmine“ con una superba Cate Blanchett.
Con “Magic in the moonlight” si torna alla banalità, al film senza pretese, a una storiella romantica superficiale ma ricca di dettagli ed elementi gradevoli. Per dirla in maniera spicciola, Woody Allen non ha dato il meglio di sé ma nemmeno il peggio, nel corso degli anni ha realizzato film peggiori di questo.
A salvare buona parte della pellicola è in realtà il cast, nel quale prevalgono Emma Stone e Colin Firth, per la maggior parte del tempo protagonisti assoluti. Se la bravura di lui è indiscutibile e in questo caso usata senza troppi sforzi, quella della Stone viene fuori nella maniera più gradevole, grazie a un personaggio delizioso, che sembra essere stato scritto apposta per lei.
La storia vede protagonista un mago di fama internazionale, Stanley Crawford/Wei Ling Soo che nonostante il suo lavoro è una persona molto scettica, impersonato da Colin Firth. Chiamato sempre a scovare gli impostori, incontra la sensitiva Sophie, pronta a sconvolgere ogni sua credenza.
Woody Allen si diverte sempre con i dialoghi e con le battute sagaci: “Magic in the moonlight” gli ha permesso di spaziare tra i vari argomenti, dal Vaticano passando per le credenze mistiche. Le convinzioni di Stanley, perfetto gentleman inglese (ruolo a cui ormai si associa in maniera naturale proprio Colin Firth), crollano di fronte alle vibrazioni percepite da Sophie, ragazza vivace e dalle doti incredibili.
Probabilmente “Magic in the moonlight” è uno dei film più romantici di Woody Allen, ma anche in questo caso non mancano delle pecche: oltre a concentrarsi notevolmente sui dialoghi, il regista si è perso nella sceneggiatura, che dopo la prima fase iniziale subisce un tracollo, diventa noiosa, si procede a passo lento per raggiungere il finale esausti dalla noia. Il problema principale di buona parte dei film di Woody Allen è proprio questo: per tenere in piedi una pellicola e non far crollare il pubblico in sala, non bastano dei dialoghi carichi di battute brillanti, serve movimento nella trama ed in questo caso di potenziale ce ne sarebbe stato.
Non possiamo però non menzionare dei meriti piuttosto importanti: i costumi e i dettagli con cui è ricostruita la scenografia, la colonna sonora deliziosa, perfettamente adatta al tempo e alla trama di una commedia romanticissima, una favola d’amore che ci verrebbe quasi da invidiare, se il pensiero non fosse improvvisamente e ripetutamente interrotto da uno sbadiglio.